Don DeLillo, cantore veggente dell’America moderna, con “L’uomo che cade” sceglie di affrontare l’incubo dell’11 settembre, dopo averlo (pre)visto più volte.
Si pensi all’analisi dei meccanismi di fascinazione del terrorismo (Mao II) o alla copertina imposta per “Underworld“, la foto “New York, 1972” di André Kértéz, che mostra le torri gemelle cancellate da una nebbia fitta, la croce di una chiesa in primo piano e un uccello in volo.
Tre le invenzioni letterarie che s’imprimono nella memoria:
– l’apparizione nei luoghi più familiari di New York, di un performer “the falling man” che simula una caduta, come quella immortalata da una foto di Richard Drew, proprio durante la tragedia
– il figlio di Keith e i suoi amici che, segretamente, scrutano il cielo con un binocolo in attesa di altri aerei, sviluppando il mito di Bill Lawton (storpiatura di Bin Laden)
– una natura morta di Morandi che nasconde l’oscura presenza delle torri