Durante la campagna elettorale statunitense del 2010 Facebook ha condotto uno dei più grandi esperimenti sociali mai realizzati. Quel 2 novembre di due anni fa ha esposto 60 milioni di utenti ad “messaggio sociale”, non di parte, di invito al voto. Come si vede dall’immagine in basso quel messaggio indicava il numero delle persone che avevano già votato, le immagini di sei amici “virtuosi”, un link alla mappa dei seggi.
Circa 600.000 persone, l’1%, hanno invece visto un messaggio leggermente modificato ossia senza le foto degli amici. Inoltre altri 600.000 (il cosiddetto “gruppo di controllo”) non hanno ricevuto alcun messaggio quel giorno.
Ma per avere un’idea del riflesso reale sulla partecipazione, i ricercatori hanno consultato i registri pubblici, con una tecnica che ha impedito a Facebook di risalire all’identità dei votanti iscritti. E’ apparso chiaro che il tasso di partecipazione è risultato essere più alto tra coloro che avevano visto il messaggio sociale. Mentre il tasso di partecipazione tra gli esposti al messaggio non sociale è risultato lo stesso di coloro che non avevano visto nulla.
I ricercatori sostengono che, in termini assoluti, il messaggio sociale abbia direttamente generato 60.000 voti addizionali nel 2010. Ma il contagio virale tra gli appartenenti al social network avrebbe determinato ulteriori 280.000 voti. Infatti gli amici dei destinatari del messaggi sociale, soprattutto i più stretti, pur non avendolo visualizzato, sono risultati essere più propensi al voto.
Con buona pace di quanti ancora credono in un mondo reale separato da quello virtuale, è la prova scientifica che l’influenza tra contatti all’interno di un social network incide sulle azioni quotidiane, anche civiche. Ma mostra anche che il gestore di una piattaforma di tale portata può condizionare, nel bene e nel male, con un innocuo banner, le decisioni di milioni di persone.