Una delle condizioni allo sviluppo ulteriore dell’Influencer Marketing è la trasparenza dell’intera filiera: aziende, intermediari, creator.
Per capire a che punto siamo in Buzzoole ho promosso un osservatorio che, da due anni ormai, monitora l’utilizzo pubblico dei più usati hashtag della trasparenza (#ad, #adv, #sponsorizzato, #sponsored, #inserzioneapagamento, #prodottofornitoda, #pubblicità, #advertising) .
Nel 2019 abbiamo individuato 265.339 post trasparenti scritti in italiano, che hanno generato 274 milioni di interazioni, in crescita del 49% rispetto al 2018. I volumi maggiori si concentrano nella prima parte dell’anno.
Instagram continua a rimanere la fonte preferita per le attività con gli influencer. Qui si sono sviluppati il 69% dei contenuti raccolti che hanno prodotto il 98% dell’engagement totale.
La moda (abbigliamento e calzature, anche sportive) è stata l’industria più attenta alle regole con il 30% dei post prodotti. Segue la cosmetica (prodotti per la cura del corpo) con il 17,4%, gli accessori (borse, orologi e gioielli) con l’11%. Più in basso troviamo i contenuti del settore entertainment che pesano circa il 9% (cinema, tv, gaming), quelli delle bevande (6,4%), del cibo (5,9%), della tecnologia (5,7%). Tra i comparti meno trasparenti quello dei motori (2,9%) e del turismo (2%).
Il 5,2% dei post è stato catalogato come “misc” ossia appartenente a varie tipologie di prodotti (cartoleria, libri, e-commerce store, betting, cultura, design, musica).
Quest’aumento delle attività trasparenti lascia ben sperare, anche se rimane arduo tracciare il volume delle attività opache di Influencer Marketing. Per esempio è facile imbattersi in video su YouTube o Storie su Instagram non correttamente etichettati, in ragione del vecchio mito secondo il quale la trasparenza toglierebbe genuinità alla comunicazione.
Lo studio completo che approfondisce la situazione settore per settore ed esamina i brand più trasparenti e i post più popolari, è scaricabile gratuitamente.