Chris Anderson ha annunciato la morte del web per mano della cosiddetta “app economy”. La sua tesi racconta di un utilizzo attuale e futuro di internet attraverso applicazioni “task oriented” (ad esempio quelle che si usano prevalentemente attraverso i dispositivi mobili, gli Instant Messanger, i giochi online da consolle, ecc..) che finirebbero per marginalizzare la fruizione attraverso browser.
Oltre a sbagliare nell’identificare il browser con il web, Anderson porta, ad unico supporto della sua tesi, un grafico di Cisco (in alto) che però considera erroneamente YouTube e Hulu nel segmento video e soprattutto non tiene conto della crescita del traffico internet nel periodo di tempo considerato (come mostrato da Boing Boing in basso).
Infine non si può far finta di non vedere i convinti sforzi per potenziare l’esperienza d’uso di Internet attraverso i browser (la corsa verso HTML5 e l’agguerrita competizione tra IE, Firefox, Chrome, Opera, Safari).
A mio avviso ci troviamo di fronte a conclusioni affrettate, non disinteressate (visto che Condè Nast punta molto sugli “app-magazine”) e non suffragate da dati, ma e’ indubbio che si siano manifestati, da tempo, tentativi legittimi di trovare nuove forme di monetizzazione della fruizione di Internet attraverso piattaforme semi o totalmente chiuse (applicazioni), in grado, di semplificare l’esperienza degli utenti.
Se domani la maggioranza dimostrasse di preferire un’internet comoda e pigra, non costituirebbe un dramma. L’importante sarebbe continuare a garantire alla minoranza un web aperto e una rete neutrale.