Il marketing aumentato, come ho scritto nel mio libro, si caratterizza non solo per lo sfruttamento in chiave strategica di dati e tecnologia, ma anche perché i destinatari delle sue attività non sono più solo le persone, ma anche e soprattutto le macchine.
Il concetto di macchina è da intendersi in senso ampio: sono macchine gli agenti composti da hardware e software, che rappresentano i nuovi diaframmi tra desiderio e consumo, tra aziende e persone.
In particolare il marketer aumentato deve progettare esperienze pensando a questi elementi:
- algoritmi: la predominanza degli social media nel customer journey già ha già abituato le azienda a capire come produrre contenuti che siano apprezzati non solo dalle persone, ma anche (e forse soprattutto) dagli algoritmi che governano la visibilità e dunque la discovery di prodotti/servizi;
- chatbot/assistenti digitali: sono applicazioni in grado di sostituire gli operatori del servizio di assistenza, riducendo i costi e aumentando la disponibilità (operativi in qualunque momento per rispondere alle domande di prospect e clienti, utilizzando la scrittura). Possono essere inseriti nel sito web aziendale oppure in altri luoghi di contatto (applicazioni mobili, social media, instant messenger). Sono un esempio evidente di “marketing programmabile”;
- assistenti vocali: simili, ma molto più pervasivi sono gli assistenti che sono parte essenziale dei nostri smartphone o di svariati dispositivi casalinghi. Stanno diventando una scorciatoia per la conoscenza, un canale di vendita e distribuzione, un marketing medium che deve essere padroneggiato dalle aziende per evitare la perdita di rilevanza;
- smart contract: i marketer si troveranno a dover progettare le logiche di funzionamento degli smart contract, codice scritto per la blockchain, al fine di determinare le conseguenze di una transazione col consumatore. Caso emblematico è quello dei prodotti/servizi rappresentati da NFT. Il loro acquisto può generare delle conseguenze future programmabili dal marketer: per esempio il diritto a partecipare a eventi a numero chiuso o di acquistare beni esclusivi;
- prodotti digitali: per alcune tipologie di consumatori il possesso assume un significato diverso da come è sempre stato inteso. Non è più legato solo a beni reali, ma anche ad oggetti digitali (abbigliamento col quale dare personalità al proprio avatar, elementi da usare nell’ecosistema di un gioco). Ecco perché i marketer di oggi dovrebbero sforzarsi di capire come soddisfare questo nuovo bisogno di possesso, che è soprattutto un bisogno di curare la propria persona digitale;
- metaversi: gli ambienti digitali tridimensionali già coinvolgono 350 milioni di persone, ma ancora poche aziende si stanno interrogando sulla forma da dare alla propria presenza in questi metaversi. Come si interagirà con gli avatar e con gli altri elementi che popoleranno le realtà aumentate e virtuali?
Insomma il mondo che si va sviluppando sarà sempre più popolato da agenti automatici, robot, mondi sintetici che condizioneranno le percezioni e le esperienze delle persone. Conviene allenarsi già da ora a capire come cambiare il proprio modo di stare sul mercato, in sintonia con la mutazione che verrà e cercando di non ripetere gli errori del passato.