Corona Virus: gli effetti di una comunicazione incoerente

Gli effetti del Corona Virus nel mondo e nel nostro paese sono sotto gli occhi di tutti e la sua diffusione non accenna a diminuire. Da professionista della comunicazione quello che mi ha colpito è stata la gestione dilettantesca della stessa da parte del governo, l’approccio dei mass media e le ricadute sulle conversazioni in rete.

coronavirus casi e conversazioni in rete

Per capire di più ho incrociato l’andamento dei casi di contagio con i volumi delle conversazioni online nel corso del tempo (monitorando la keyword “coronavirus” su tutte le fonti).
Come si può notare dal grafico c’è una fase iniziale nella quale le prime decine di casi vengono enfatizzate dai mass media e le discussioni aumentano, dividendo gli italiani tra coloro che pensano si tratti di qualcosa di simile ad un’influenza e coloro che intravedono i primi segni di una pandemia.

La seconda fase è quella caratterizzata dal picco di discussioni il 23 e 24 febbraio (rispettivamente 236.000 e oltre 260.000 post), che coincide con il tour televisivo del presidente del consiglio Conte, che si dichiara sorpreso dalla crescita dei contagi. E’ evidente, leggendo i messaggi in rete, che questa improvvisa e corposa esposizione mediatica, dall’intento tranquillizzante, ottiene l’effetto contrario.

La terza fase si ha con la nomina di Ricciardi a consigliere di Speranza e la decisione di limitare la comunicazione dei dati alla sera. I telegiornali iniziano a modificare i toni e a spostare gli approfondimenti alla seconda parte del tg. E così mentre aumentano i casi di contagio si assiste ad una discesa delle conversazioni online.

Update: la quarta fase è quella della consapevolezza. Governo, media e popolazione prendono coscienza e ammettono che la situazione è grave. Conte appare a più riprese in tv e sui social per annunciare misure sempre più restrittive, i media raccontano l’Italia in quarantena, le persone in rete commentano i fatti e raccontano la propria quotidianità. Le conversazioni fanno registrare un picco il 12 marzo dopo l’annuncio della chiusura dei negozi e della limitazione della mobilità.

Mi sembra evidente che, essere passati dalla sottovalutazione all’allarmismo per poi tornare ad un abbassamento dei toni, non abbia pagato. Come se non bastasse a questo errore di comunicazione verso l’esterno si è aggiunto anche quello di comunicazione interna, tra i vari livelli di governo (centrale e periferico).
D’altronde i professionisti sanno che la comunicazione più pericolosa è quella non coerente e non coordinata, soprattutto nei casi di crisi, perché crea insicurezza e può spingere a comportamenti irresponsabili.
Non resta che sperare che i danni siano limitati e che questi errori possano essere di insegnamento per il futuro.

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