Sempre più spesso mi accorgo che pochi utenti di Twitter comprendono il significato di alcune informazioni che il social network ci mostra. Ad esempio molti pensano che i Top Tweets siano i tweet più rilanciati del giorno e che i Trends (in passato definiti Trending Topics) siano i termini più usati del giorno nel nostro paese.
In realtà i primi sono i messaggi più retweetati in un certo, breve, lasso di tempo (anche i miei a volte diventano Top Tweet per aver registrato solo poche decine di retweet). I secondi sono i termini (non solo quelli contenenti un # ma anche le parole contenute nel tweet o in un indirizzo Web) emergenti in un certo momento. In pratica sono “anomalie” rispetto al periodo immediatamente precedente, termini nuovi che, all’improvviso, vengono utilizzati molte volte, da tante persone e a distanza ravvicinata. Non basta che pochi utenti utilizzino una stessa parola a distanza di pochi minuti. Quella parola concorrerà per la visibilità con moltissime altre. L’algoritmo premia i termini usati da molte persone diverse e predilige la novità e la velocità d’uso più che i volumi (per approfondire vi consiglio di leggere questo paper).
Insomma essere tra i Trends non vuol dire, sic et simpliciter, aver ottenuto quantità di citazioni sopra la norma. Basti pensare che i Trends rilevati ogni giorno in Italia si aggirano tra i 60 e i 100. Ma quali di questi sia stato quello più usato ce lo può dire solo un tool di data mining (ad esempio quello di Blogmeter che usato per scoprire gli hashtag più usati negli ultimi mesi).
A confondere le acque due novità: la personalizzazione dei Trends in base alla propria posizione geografica e rete sociale e l’area #Scopri (#Stories) che evidenzia le notizie più twittate, anche in questo caso, non da tutti gli utenti italiani, ma dalle sole persone che seguiamo.
Opposto è l’approccio di Google+ che, al momento, evidenzia i Trend (parole chiave e hashtag) e gli Hot Post (le notizie con più condivisioni e +1) globali. In tal modo contribuendo alla scoperta di autori e notizie inattese. Due visioni contrapposte: omofilia vs serendipity.
In definitiva le piattaforme social ci offriranno sempre più spesso storie che potrebbero interessarci sulla base degli interessi della nostra rete sociale, “nascondendoci” quello che accade a livello macro.
Si tratta di funzioni di indubbio valore a patto che se ne comprendano i meccanismi. Il rischio è di ritrovarci inconsapevolmente in una “filter bubble” (termine introdotto da Eli Pariser nell’omonimo libro) che ci restituisca l’immagine di un simulacro della realtà, una realtà a nostra immagine e somiglianza.
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