In questi mesi ho avuto l’occasione, grazie agli strumenti di analisi della società per la quale lavoro, di osservare le dinamiche della politica attraverso la rete. Sono stati mesi intensi di preparazione alla fase elettorale, puntellati da eventi importanti, che si possono scorgere da questo grafico che visualizza oltre 7 milioni di documenti (post, tweet, commenti, articoli) apparsi da ottobre a dicembre online (su siti di news, blog, forum, newsgroup, social network).
Ad ottobre gli eventi più commentati in rete sono stati la condanna per frode fiscale di Berlusconi, che ha dato nuova visibilità al cavaliere, le esecrabili parole di Grillo contro la Salsi, ma anche l’endorsement di Di Pietro alla presidenza della Repubblica, la traversata dello Stretto di Messina e il successo in Sicilia.
A novembre il picco di discussioni è stato per le primarie del centrosinistra, con i due turni e i confronti televisivi, che hanno catalizzato tutta l’attenzione.
Dicembre è stato il mese della (ri)discesa in campo di Berlusconi e della salita di Monti.
Il politico più citato in rete è stato il presidente del consiglio (oltre 1.400.000 documenti), seguito a ruota da Silvio Berlusconi (oltre 1.350.000), Matteo Renzi (che è stato proattivo nel creare buzz a suo favore), Bersani e Grillo (anch’egli molto presente e aiutato da una community vocal nei confronti delle sue iniziative). Se invece si considerano solo le menzioni sui siti di news emerge un incremento di share of voice di Monti (che passa dal 19% complessivo al 24% anche in virtù del suo ruolo istituzionale) e una perdita di visibilità di Renzi (dal 17% all’11%) e Grillo (dall’11% al 6%).
Se ne deduce che riuscire ad utilizzare i social media per aggregare e coinvolgere le persone, permette di recuperare spazi di dialogo e di visibilità che i media tradizionali non concedono.
Se dai volumi di menzioni si sposta lo sguardo alle interazioni dei leader politici, oltre 4 milioni, analizzate sui social network il quadro si fa più interessante.
Su Facebook è sempre più forte il capitale sociale accumulato da Beppe Grillo, che veleggia verso il milione di fan, ma colui che ne ha guadagnati di più, nel trimestre conclusivo di quest’anno è Matteo Renzi. Il sindaco brilla anche per capacità di coinvolgimento: ogni suo post, mediamente genera 4.536 reazioni (like, commenti, condivisioni). Sono suoi i tre post politici più apprezzati su Facebook, su tutti quello col quale chiude le porte al cavaliere ottiene 69.668 like, 7.547 commenti e 11.325 condivisioni. Chissà se queste sue capacità, che sono anche di Vendola, verranno messe al servizio di Bersani che, pur guadagnando sostenitori, non riesce a stimolarli efficacemente.
Anche su Twitter Grillo è primo per numero di follower (782.763 al fine 2012) seguito da Renzi, che ha dimostrato una maggiore velocità di accumulazione e anche di engagement. Per ogni tweet ottiene, mediamente, 293 risposte o retweet (c’è da dire che scrive anche di meno rispetto al comico genovese). In generale il suo account è anche più citato del periodo con 214.436 menzioni, seguito da Bersani con 158.429.
Da notare che in questo scenario è assente Silvio Berlusconi, sostituito dall’account del PDL, che però ha un impatto sicuramente inferiore a quello che potrebbe avere un account personale.
A movimentare le acque ci ha pensato, proprio l’ultima settimana dell’anno, Mario Monti che in un 8 giorni ha guadagnato 73.220 follower ed ha generato molte discussioni (circa 24.000 le menzioni del suo account). Il suo tweet di “salita in campo” è riuscito a scalare la classifica dei cinguettii più virali e a posizionarsi al terzo posto (3.155 reazioni tra reply e retweet), preceduto da due di Renzi (quello del no a Berlusconi con 11.311 reazioni e quello di ringraziamento dopo le primarie con 5.799 reazioni).
Sono stati mesi nei quali la rete è stata luogo di elaborazione di fatti accaduti altrove: nelle aule di tribunale, nelle piazze (elezioni in sicilia, il tour in camper di Renzi) e in televisione (i dibattiti tra i candidati del centrosinistra).
L’uso dei social media è stato finalizzato soprattutto alla disintermediazione della stampa, meno spesso alla costruzione di uno storytelling genuino e ancor meno all’emersione di proposte attraverso ascolto (quanti politici hanno un sistema di monitoraggio strutturato?) e dialogo.
L’esperimento del TwitterTime inaugurato da Monti, pur con i suoi limiti, è un elemento di novità che risulterà davvero utile per i cittadini solo se spingerà altri politici ad aprirsi ad un confronto non saltuario.
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