Il neologismo “googlare” ha indicato per anni l’attività di cercare qualcosa sul web, attraverso il motore di ricerca più popolare del mondo, tramite la scrittura di parole chiave.
Dalle ricerche testuali a quelle vocali
Oggi però qualcosa sta cambiando. Il 20% delle ricerche fatte attraverso l’applicazione mobile di Google avviene attraverso l’uso della voce. Complici i grandi progressi fatti nel campo del riconoscimento vocale (il tasso di errore per l’inglese è sceso al 4,9%), che sono stati incorporati nel prodotto chiamato “Google Assistant“.
La differenza fondamentale rispetto a Siri o Alexa è che può contare su miliardi di informazioni generali catalogate negli anni dall’azienda di Mountain View oltre che su quelle del singolo utente (es. la cronologia di navigazione).
Di pochi giorni fa la notizia che Google Home, la “cassa intelligente” casalinga, è in grado di riconoscere, grazie a Google Assistant, le diverse voci dei componenti di una famiglia. In questo modo all’ordine “chiama Mamma”, il sistema è in grado di comporre il numero telefonico corrispondente alla madre del richiedente.
Google tende a non definirsi più come un motore di ricerca, bensi come un “assistente” in grado di fornire l’informazione giusta, indifferentemente dalla modalità utilizzata per la richiesta: testuale, vocale, visiva.
Computazione visiva con Google Lens
Ma non è finita qui. Durante Google I/O, l’annuale conferenza per sviluppatori, il CEO Sundar Pichai ha svelato Google Lens, un set di funzioni basate sulla computazione visiva, in grado di “dare intelligenza” alla fotocamera dello smartphone.
In pratica puntando la fotocamera dello smartphone su oggetti reali, sarà possibile vedere in sovrapposizione una serie di informazioni di contesto. Ad esempio inquadrando i codici di accesso sul retro di un router wi-fi, il telefono sarà in grado di connettersi alla rete, evitando di farci digitare la password.
Oppure puntando lo smartphone verso l’ingresso di un ristorante vedremo apparire una scheda con le recensioni, mentre l’insegna di un teatro ci potrà dare accesso alla sua programmazione e permetterci di prenotare i biglietti per un certo spettacolo, anche con la voce.
Google ha trovato il modo di usare la Realtà Aumentata per qualcosa di utile, laddove per Snapchat e Facebook è ancora un elemento a servizio di attività ludiche. Il competitor più temibile sembra essere Apple che, durante il recente WWDC, ha svelato ARKit, un framework per lo sviluppo di applicazioni di Realtà Aumentata, sfruttando la potenza computazionale di iPhone/iPad.
Insomma in futuro anche il mondo atomico che ci circonda sarà “googlabile” e probabilmente le nostre esperienze di vita saranno facilitate, grazie ai progressi nel campo dell’Intelligenza Artificiale (qui un’introduzione).
Ovviamente questo ci imporrà un surplus di consapevolezza al fine di dosare al meglio cosa, come e quando condividere le nostre abitudini, in funzione dei benefici ottenibili.
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