Tre giorni molto intensi quelli trascorsi ad Urbino per Modernity 2.0, la conferenza internazionale di socio-cibernetica, organizzata dagli amici del LaRiCA.
Tante le presentazioni interessanti delle quali trovate traccia su B&B, qui invece provo a riassumere quella dell’ospite d’eccezione danah boyd, che dopo una nottata trascorsa a parlare di social network (aveva notato la mia mappa 🙂 ), scherzare e bere limoncello (ne va matta) in compagnia, ha accettato di condensare in un minuto la sua ricerca etnografica.
Nella prima parte del suo keynote, danah ha introdotto i concetti evidenziati nella sua tesi di dottorato, ossia le proprietà dei “networked publics” (persistence, replicability, searchability, scalability) e le dinamiche prodotte dal loro intrecciarsi (invisible audience, collapsed context, public/private blurring).
Nella seconda parte ha condiviso le sue controverse riflessioni sulla emersione delle stratificazioni sociali nei social network. La sua ricerca quali-quantitativa sui teenager statunitensi mostra come le strutture sociali tendono a riprodursi e ad essere più evidenti online, anzichè sparire. La scelta di registrarsi ad un servizio web anzichè ad un altro non è casuale, ma indotta dall’imitazione dei propri amici (omofilia).
Con la comparsa di Facebook, inizialmente adottato dai bianchi ben educati e abbienti di Harvard e poi popolatosi dei “più bravi del college”, MySpace è diventato il “ghetto” dei gruppi ispanici e di colore, emarginati dalla società (danah ripropone il concetto di white flights che non è stato ben accolto al PDF).
Dunque non esiste una sola uniforme sfera pubblica, ma tante quanti sono i diversi tipi di pubblici connessi, dei quali le istituzioni e noi tutti dovremmo tener conto quando comunichiamo.
Non esiste il “popolo della Rete” ma tante tribù che rispecchiano stratificazioni pre-esistenti; ma avevo letto tempo fa di una ricerca francese che indicava i social network come strumento di una nuova mobilità sociale. Il sociologo Dominique Cardon responsabile della ricerca descrive il tentativo di molti “di ampliare il loro circolo relazionale al di là del perimetro economico e culturale di partenza”.
C’è da dire che in Italia forse vi è maggiore omogeneità e un ritratto generale del pubblico online può essere fatto (almeno del pubblico “attivo”).
Grazie mille, ottima sintesi per chi si è perso l’intervento!
🙂
Ho letto il tuo intervento e lo trovo molto interessante…tanto da prenderne spunto per le conclusioni della mia tesi sull’analisi psicosociale del social networking…..per questo motivo vorrei chiederti un grosso favore se per caso puoi indicarmi dove posso reperire un pò di materiale sulla posizione della Boyd e di Cardon…ma in italiano…poichè altrimenti mi tocca tradurre e sono agli sgoccioli….
In ogni caso ti ringrazio per avermi fornito un idea diversa per terminare la tesi.
Dimenticavo ti lascio la mia mail i.canfly83@live.it