L’allerta meteo partita giovedì 9 ottobre da Genova, ancora una volta, ha mostrato come sempre più persone sfruttino al massimo i social media anche nei momenti più drammatici (durante il terremoto del 2012 si erano notati comportamenti analoghi). Lo fanno in modi molto diversi: per comunicare il disagio, per cercare e offrire informazioni utili, colmando un vuoto delle istituzioni e dei mass media almeno nelle prime ore dopo gli eventi, ma anche per coordinare aiuti.
Dal 9 al 15 ottobre gli strumenti di Blogmeter hanno registrato oltre 250.000 tweet relativi all’allerta meteo, con un picco di circa 75.000 il giorno dopo la prima tragica notte.
Di questi solo l’1,7% contiene informazioni di geolocalizzazione, una pratica ancora poco diffusa, ma che in questi casi sarebbe molto utile proprio per segnalare con precisione le situazioni critiche.
L’hashtag più ricorrente è stato #alluvionegenova (oltre 90.122 volte). Per il Piemonte #allertameteoPM (4.860), per la Toscana #allertameteoTOS (975), per Trieste #allertameteoTS (850), per l’Emilia Romagna #allertameteoER (321).
Ma in molti casi il tagging non è stato univoco, ad esempio per la Liguria è stato adottato sia #allertameteoLIG (10.525) che #allertameteoLG (3.839). A tal proposito segnalo il vademecum di Luca Zanelli per una protezione civile partecipata.
Tra i tweet più rilanciati quello di Andrea Alfano su “gli angeli del fango”, di Marco Mengoni, che offre un’informazione utile, e quello di Irene! che chiede un retweet per far circolare un messaggio di aiuto.
Mentre gli account più rilanciati, quelli probabilmente ritenuti più di valore dalla comunità, sono stati, in ordine, quelli di @frabaraghini, @corriereit, @virus1979c, @miti_vigliero.
Le emozioni primarie che hanno prevalso nei momenti iniziali dell’alluvione di Genova sono state la paura e la rabbia, seguite dal disgusto. Poi nella giornata di venerdì è cresciuta la tristezza.
Un’idea della diffusione delle situazioni critiche verificatesi prima in Liguria, poi in Piemonte e infine in Toscana ed Emilia si può avere mappando dinamicamente, secondo dopo secondo, i tweet geolocalizzati (con l’aiuto di tool come CartoDB).
In definitiva sarebbe auspicabile che gli enti preposti alla cura del territorio si sbrigassero a colmare questo ritardo digitale.
In primo luogo studiando e proponendo grammatiche condivise con i cittadini per le comunicazioni durante le situazioni di emergenza.
In secondo luogo dotandosi di strumenti di ascolto della rete, complementari alle tecnologie già in uso, al fine di monitorare la diffusione dei messaggi di aiuto, di identificare tempestivamente situazioni critiche, di controllare la veridicità delle informazioni pubblicate.
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