Tutto è iniziato con le chat room. Poi sono arrivati i siti di dating online come Match.com e Kiss.com negli USA. Dal 2012, con la crescita dell’utilizzo degli smartphone, si è gradualmente assistito ad uno spostamento verso le applicazioni di dating. Da Badoo a OKCupid, fino a Tinder che secondo le ultime stime avrebbe oltre 50 milioni di utenti mensili in 196 paesi. Questi producono 1,4 miliardi di “swipes” e 26 milioni di “matches” al giorno.
Secondo una ricerca di Global Web Index gli utenti, per il 62% uomini, avrebbero per il 63% meno di 30 anni. In particolare il 39% avrebbe tra i 16-24 anni, il 41% tra i 25-34. Il 51% sarebbe single, mentre il 34% sposato e l’11% fidanzato.
L’innovazione di Tinder (che è parte del gruppo Match) è stata lo swipe (a destra per gradire una persona, a sinistra per andare oltre) ossia la velocità del gesto applicata alla scelta del partner, soprattutto occasionale. Quindi addio ai profili elaborati, ai lunghi corteggiamenti e anche alla paura di non piacere (l’utente riceve una notifica solo quando viene accettato e non le volte in cui viene rifiutato). Tinder, in definitiva, ha “sdoganato” l’incontro disimpegnato.
I suoi creatori però hanno capito che fossilizzarsi sulla semplice funzione di dating non paga sul lungo periodo. Così hanno iniziato a cavalcare i più potenti trend della rete. A gennaio hanno potenziato la funzione di messaggistica istantanea con la possibilità di scambiare GIF animate e di mettere “like” sui messaggi.
A luglio hanno lanciato Tinder Social per organizzare incontri tra gruppi di amici, non necessariamente finalizzati al sesso.
Al momento oltre 1 milione di iscritti hanno scelto di pagare qualche dollaro al mese (variabile per nazione, sesso ed età da 2,99 a 19,99 dollari) per avere la versione PLUS che non ha pubblicità, permette di fare “swipe” e “super like” senza limiti, di rivedere una scelta precedente e di cambiare luogo (per cercare persone di altre nazioni).
Un mio commento su L’Espresso del 14 agosto.