Recentemente ho avuto il piacere di fare quattro chiacchiere con Mafe De Baggis, voce storica e originale della rete italiana, che ha dato alle stampe “E poi arrivò DeepSeek”, seguito di “In principio era ChatGPT” (scritti a quattro mani con Alberto Puliafito).
Ecco alcuni dei punti salienti che sono emersi:
- alleato per la creatività: lungi dall’essere un semplice esecutore, l’IA può diventare un ottimo partner creativo. Mafe ha condiviso come la utilizza quotidianamente per arricchire i suoi progetti, trovando modi sempre nuovi per dire la stessa cosa [05:51]. Ha anche svelato un uso tanto geniale quanto spietato: usare ChatGPT come un “editor crudele” per scovare le debolezze di un testo [15:33]
- paure e speranze nel mondo del lavoro: la nostra conversazione ha anche affrontato le paure, del tutto legittime, di chi teme di essere sostituito da un’automazione sempre più sofisticata. Mafe, però, ci ha offerto una visione provocatoria e piena di speranza: e se l’IA potesse liberarci dalla schiavitù del lavoro, permettendoci di riscoprire la nostra creatività? [09:20].
- lo specchio dei nostri pregiudizi: forse una delle riflessioni più potenti è stata quella sull’IA come “Luminol”. Proprio come la sostanza usata nelle scene del crimine rivela ciò che è nascosto, l’intelligenza artificiale mette in luce i nostri bias, i nostri valori (o la loro assenza) e le finzioni su cui si basa la nostra società [21:57].
Questi sono solo alcuni degli spunti emersi da una conversazione molto ricca. Se siete curiosi di scoprire come l’IA sta già trasformando il design thinking, qual è il futuro delle interfacce conversazionali o perché dovremmo essere critici verso un “allineamento” dell’IA ai valori umani, vi invito a guardare il video completo.