Da sempre dei puntini luminosi su una mappa scura hanno rappresentato l’illuminazione pubblica delle città e, per estensione, la civiltà. Oggi invece le tracce della nostra socialità sono sempre più rappresentabili dai segnali che lasciamo in rete. Ad esempio attraverso i check-in che dichiariamo nei posti che visitiamo. Sono 500 milioni quelli visualizzati da Foursquare (25 milioni di registrati, ma solo 8 milioni di utenti attivi al mese) in una straordinaria mappa navigabile che prova a (di)mostrare l’impatto di un servizio sulle nostre vite.
In verità il grande impatto è quello di una funzione, la geolocalizzazione e dunque il check-in, che oramai non è più elemento differenziante della creatura di Dennis Crowley. Ora che è diventata una semplice funzione di tutti i social network, la sfida si è spostata su un altro terreno. Non più quella di ampliare il database dei luoghi, ma di riuscire a creare un utile motore di discovery, potenziato dai consigli dei propri amici. Riuscirà Foursquare a creare il “page rank” dei luoghi (un layer non esclusivo ma a disposizione dei partner) ed un business model sostenibile o sarà battuto sul tempo dai giganti Facebook (che integra il suo sistema di check-in con altri servizi di raccomandazione) e Google+ (che ha integrato le recensioni di Zagat)?