Negli ultimi anni i social network hanno esaltato la nostra attitudine alla condivisione, soprattutto pubblica, e alla cristallizzazione di attimi dell’esistenza, altrimenti affidati soltanto alla fragilità dei ricordi. Oggi questo modello basato sulla connessione di persone e storie, ricercabili e indelebili, potrebbe essere messo in discussione da una semplice app: Snapchat.
Si tratta di un servizio di condivisione di foto, da dispositivo mobile, con una peculiarità inedita: dopo un tempo variabile da uno a dieci secondi dall’apertura lo “snap” (una foto cui si possono aggiungere descrizioni e disegni) scompare dalla vista del destinatario e dai server della società. Sembrerebbe una funzione come tante, ma per i teenager di oggi potrebbe essere la killer feature capace di racchiudere un’intera filosofia di vita.
Snapchat infatti è per loro uno spazio privato, giocoso e alternativo a quelli frequentati ormai anche dagli adulti, in primis Facebook. È lo strumento per “identità liquide” che non lascia tracce, permettendo di vivere in piena libertà e con “leggerezza” le comunicazioni, visuali, tra pari, anche quelle a sfondo sessuale (il cosiddetto sexting). Certo, nulla vieta al destinatario di fare uno screenshot della foto ricevuta, ma in questo caso il mittente riceverà una notifica.
Un meccanismo ludico che nasce dall’intuizione di Evan Spiegel (23 anni) e Bobby Murphy (25 anni), due studenti di Stanford che si accorsero dell’abitudine di cancellare o togliere i tag dalle foto su Facebook prima dei colloqui di lavoro. E così a Settembre del 2011 fece il suo debutto Snapchat, usato inizialmente soprattutto durante le ore di scuola come surrogato dei fogliettini di carta, da far circolare per scambiare le soluzioni dei compiti o prendere in giro gli insegnanti
A due anni dal debutto l’app ha già conquistato 100 milioni di persone che si scambiano 350 milioni di foto al giorno (solo a giugno erano 200 milioni). Gli stessi volumi di Facebook o di Instagram e Flickr insieme. Una crescita, che pur non generando ancora utili, ha messo in allarme i giganti del web. Sono di questi giorni le indiscrezioni secondo le quali i suoi creatori avrebbero rifiutato 3 miliardi si dollari da Facebook (il triplo del prezzo pagato per Instagram) e 4 da Google.
Quello che fa più paura a Zuckerberg e soci è la perdita di un segmento importante per gli inserzionisti, quello rappresentato dai teenager, ma anche l’ipotesi di un attacco laterale al proprio impero. Un’ipotesi non remota visto che Snapchat ha da poco lanciato “Stories”, una nuova funzione che permette agli utenti di selezionare alcune foto della propria giornata da rendere visibili per 24 ore. Un vero e proprio attacco al concetto di timeline, cuore di ogni social network, oltre che un invito per i brand (TacoBell l’ha già sfruttato per alcune campagne).
Ma invece Snapchat non teme le app che permettono di aggirare il meccanismo di autodistruzione delle foto? (lo chiedo sinceramente, eh. Io al posto loro sarei preoccupato)
Non so, ma magari ci stanno lavorando… Comunque credo che il brivido di essere scoperti faccia parte dell’esperienza
e se qualcuno fa una foto alla foto ?
Per quello non c’è rimedio 🙂