Qualcosa sta cambiando nelle abitudini di condivisione degli oltre 2 miliardi di persone che usano i servizi social.
Il modello News Feed inventato da Facebook nel 2006 inizia a mostrare la sua debolezza ora che la piattaforma è diventata un moloch in cui 1,45 miliardi di persone ogni giorno produce una mole impressionante di contenuti. Secondo i calcoli di Menlo Park ciascuno di noi segue in media oltre 200 amici, per cui ad ogni accesso il nostro News Feed si riempirebbe di 1500 post, se non intervenisse il misterioso algoritmo filtro (qui qualche elemento sul suo funzionamento).
Naturalmente ognuno di noi può migliorare la formula magica, decidendo chi silenziare, chi vedere per prima o anche scegliendo di vedere solo i più recenti contenuti anziché la selezione algoritmica dei “migliori”. In ogni caso, anche se l’algoritmo tende a migliorare nel tempo, imparando dalle nostre interazioni quotidiane, difficilmente riscirà a offrirci un mix di cose che amiamo vedere ed elementi inaspettati (evitando la trappola dell’echo chamber).
In attesa dell’algoritmo perfetto si vanno facendo strada due nuove modalità di condivisione, che potrebbero mettere in crisi il modello News Feed: quella privata e quella attraverso le Storie.
Condivisione privata
L’attitudine alla condivisione privata è testimoniata dal successo di WhatsApp (1,5 miliardi di utenti attivi al mese) e Facebook Messenger (1,3 miliardi). La facilità d’uso e l’immediatezza di comunicazione (pseudo asincrona) abilitata da questi strumenti ha stimolato le persone a (ri)scoprire il valore della comunicazione personale (o di gruppo) privata.
Per particolari occasioni (che si sono rivelate essere la maggioranza) e per contenuti che non riceverebbero l’attenzione desiderata, abbiamo capito che non ha senso la diffusione di massa teoricamente abilitata dai social media. Inoltre gli Instant Messenger eliminano lo stress della pressione sociale e spingono ad una risposta (anche emotiva) immediata (l’engagement è forzato perché è quasi impossibile non rispondere ad un messaggio diretto). Infine la messaggistica privata funziona bene per tenere a bada l’overload informativo. Anche se un nostro contatto o un gruppo si dovessero rivelare troppo invadenti, rimarrebbero sempre relegati ad un flusso informativo separato, silenziabile all’occorrenza.
Per queste ragioni oggi ogni servizio social ha provveduto ad aggiungere o potenziare la funzione di messaggistica privata.
Le Storie
Il formato Storie, inventato da Snapchat e diffuso alle masse da Zuckerberg, consente di raccontare la propria giornata attraverso un patchwork di video, foto, emoticon, disegni, resi disponibili per sole 24 ore. Hanno il vantaggio di permettere la compressione di eventi accaduti in momenti diversi all’interno di una unità di tempo più breve e dunque più fruibile. In più la produzione di una Storia non richiede molta cura, libera dal fardello della qualità per servire il momento.
Anche le Stories funzionano bene per combattere l’overload informativo del news feed perché il creatore pubblica magari più contenuti di prima, ma stipati in un unico contenitore. Di conseguenza il fruitore può visionarli all’occorrenza e saltarli, se noiosi. Si passa dalla modalità push del news feed alla modalità pull delle Storie.
Viene bypassata anche la necessità di un algoritmo regolatore perché dalla scelta del contenuto si passa alla scelta, volta per volta, del contenitore e della persona. Ma con l’aumento vertiginoso delle storie pubblicate non si può escludere che le piattaforme decideranno di mostrare anche una selezione di quelle più interessanti per ciascun utente.
Oggi le Storie su WhatsApp (chiamate Status) attraggono 450 milioni di utenti ogni giorno (tra produttori e fruitori), quelle su Instagram 300 milioni, quelle su Facebook 150 milioni al pari con quelle di Snapchat (secondo le stime di Block Party). Si può parlare di affermazione di un nuovo formato se si pensa che un po’ tutti i servizi le stanno adottando: Facebook, Messenger, YouTube, Netflix, Google AMP.
A sigillare il successo è arrivato Chris Cox, a capo della famiglia di app di Facebook, che durante F8 ha dichiarato “Le Storie, l’anno prossimo, diventeranno il modo principale di condivisione, superando la classica pubblicazione via news feed”.
Personalmente non sono un produttore di Storie perché non amo condividere troppo della mia vita privata, ma allo stesso tempo cedo spesso alla curiosità di sbirciare quel palinsesto sgangherato che occhieggia dagli oblò colorati.
Per le aziende, i numeri e le prospettive, suggeriscono interessanti opportunità di visibilità. Però usare bene il nuovo formato non è per niente banale. Richiede lo sforzo di reimmaginarsi come un vero e proprio media, con una chiara strategia di content marketing e risorse dedicate.