Dopo lo scandalo Cambridge Analytica Unicredit annunciò che avrebbe abbandonato le piattaforme di Zuckerberg perché in contrasto con il proprio modo di considerare i dati degli utenti. Qualche giorno fa la filiale italiana ha comunicato che da giugno la decisione riguarderà anche il nostro paese. Giusto o sbagliato?
La questione etica mi sembra debole e potrebbe nascondere la paura che l’impero social diventi una banca, mentre la scelta di concentrarsi sui propri canali di contatto ha senso se non si hanno risorse sufficienti per gestire anche Facebook.
Il marketing moderno richiede di servire il cliente nei luoghi che frequenta, dunque uscire dal più grande ritrovo del mondo vuol dire offrire un servizio in meno. Senza contare che in questo modo si perde anche uno spazio di ascolto unico, utile per intercettare e indirizzare le problematiche fin dal primo stadio di insorgenza (soprattutto ora che gli strumenti di ascolto della rete non riescono a sondare pienamente quello che si dice sulle piattaforme di Zuckerberg).
Infine l’altra opportunità che si perde è quella di usare i potenti strumenti che Facebook mette a disposizione, pagando, per raggiungere i consumatori (cosa che invece i competitor continueranno a fare).
Ne ho parlato, in sintesi, su Il Foglio di giovedì scorso.