La Cina è ormai una super potenza economica e tecnologica. In questi anni, il partito comunista cinese con il suo modello di “socialismo di mercato” ha spinto il paese verso investimenti in ricerca e sviluppo e nel sistema scolastico.
La popolazione ha abbracciato completamente la tecnologia che ormai è diventata onnipresente nelle città (con problemi di sorveglianza dello Stato) e un elemento insostituibile nelle transazioni quotidiane, cashless, e nei rapporti con la pubblica amministrazione. Il perno è la super app WeChat da cui si fa tutto, ma che centralizza la gestione dell’identità, generando un’inevitabile impatto negativo sulla protezione dei dati personali (subordinata agli interessi dello Stato).
Incuriosito dal rapporto dei cinesi con la tecnologia, dalle contraddizioni apparenti del loro modello di società, dalla capacità di imporre anche modelli culturali (se pensiamo al successo di TikTok), ho deciso di fare quattro chiacchiere con Simone Pieranni, giornalista de Il Manifesto, co-fondatore del sito China Files (che racconta l’Asia a noi italiani) e autore di libri importanti come “Red Mirror” e il recente “La Cina Nuova” (Laterza).
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