Geopolitica dell’intelligenza artificiale: conversazione con Alessandro Aresu

Ho fatto una chiacchierata su geopolitica e tecnologia con Alessandro Aresu, consigliere scientifico della rivista Limes e direttore scientifico della Scuola di Politiche. L’ultimo suo libro è “Geopolitica dell’Intelligenza Artificiale” (Feltrinelli).
Abbiamo parlato del ruolo di OpenAI, Google, Microsoft, NVIDIA e della filiera dell’industria dei microchip per l’intelligenza artificiale. Di conseguenza, abbiamo cercato di capire come l’IA generativa sta cambiando la geopolitica mondiale con la competizione sempre più accesa tra USA e Cina.

Il pregio del libro di Aresu è di offrire una visione geopolitica dell’IA partendo dal racconto delle figure chiave che hanno innovato in questo campo. In particolare Geoffrey Hinton, nobel per il suo lavoro nel machine learning, Fei-Fei Li, esperta di computer vision e William Dally, Chief Scientist di Nvidia. Oltre che quella dei ricercatori dietro il modello Transformer di Google (2017) e di imprenditori illuminati come Jensen Huang di Nvidia.

Nell’intervista, Aresu ha messo in luce gli approcci contrastanti di DeepMind e OpenAI. DeepMind, guidata da Demis Hassabis, si è sempre concentrata sulla ricerca scientifica (solo da qualche mese si occupa anche di prodotto dentro Google), mentre OpenAI, sotto Sam Altman, ha subito dato la priorità alle applicazioni commerciali dell’IA e alla sua diffusione di massa.

Uno degli aspetti più sottostimati quando si parla dello sviluppo dell’IA è il ruolo dell’hardware. Aresu rimarca il ruolo strategico dell’industria dei semiconduttori, con aziende come Nvidia, ASML e TSMC che svolgono un ruolo chiave. Proprio la distribuzione geografica della produzione di semiconduttori, in particolare a Taiwan dove ha sede TSMC, ha significative implicazioni geopolitiche.

Aresu spiega che lo sviluppo dell’IA avviene in un contesto di leadership mondiale contesa. L’ascesa della Cina come una delle principali potenze manifatturiere e innovatrici tecnologiche sfida la supremazia degli Stati Uniti. Questa competizione si estende alle applicazioni militari, rendendo l’accesso alle tecnologie IA un fattore cruciale nella difesa e nella sicurezza.

In chiusura abbiamo anche parlato della posizione debole dell’Europa, che ha avviato investimenti con grande ritardo e dell’Italia che, pur avendo ottimi talenti non ha investito sull’IA e soprattutto sulla trasformazione digitale delle sue imprese.

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