Il cambiamento di un decimale delle versioni di un software è solitamente indice di piccole modifiche. Il passaggio dalla versione 1.0 alla versione 1.1 delle API di Twitter, invece, avrà un grosso impatto sulle vite di molti sviluppatori e, probabilmente, anche sul futuro dell’azienda californiana. Ecco cosa cambierà:
– ogni richiesta alle API non potrà essere anonima, ma dovrà provenire da un utente autenticato, in modo da limitare l’azione di scraper e bot;
– abbassamento del numero di richieste: si passa dalle 350 chiamate per ora, indipendentemente dalla tipologia di informazione richiesta, al limite di 60 chiamate per ora per ogni singolo “endpoint” (richiesta specifica, es. visualizzazione di un profilo, di un tweet, una ricerca, ecc…). Ciò renderà molto complicato anche l’accesso allo stream a scopo di ricerca accademica;
– ogni client di Twitter dovrà seguire un processo di certificazione;
– se il tuo client utilizza 100.000 “user token” individuali ovvero se diventa di successo, è necessario ottenere una specifica autorizzazione;
– passaggio da “Display Guidelines” a “Display Requirements”, in altre parole “ti diciamo noi come devi visualizzare i tweet nelle tue applicazioni”. Questa novità, in particolare, scontenterà non solo gli sviluppatori posizionati in alto a destra della matrice proposta, ma anche i consumatori finali che sono soliti usare applicazioni come Flipboard per fruire dei contenuti di Twitter attraverso un’interfaccia diversa (non a caso, qualche giorno fa, Mike McCue il CEO dell’azienda ha lasciato il consiglio di amministrazione di Twitter).
Le ragioni di queste drastiche scelte stanno nella volontà di convincere gli inserzionisti ad investire in un medium rinnovato e che ha il controllo dell’esperienza utente. Rinnovato perché si sta allontanando sempre più dal minimalismo iniziale fatto di 140 caratteri. In futuro i tweet saranno “cards” ossia post ricchi di foto, video, applicazioni, giochi. In questo modo Twitter potrebbe diventare un luogo più stimolante, ma perdendo i suoi tratti distintivi, che hanno attratto i primi adottanti.
Controllo dell’esperienza utente vuol dire dare la certezza ai brand che le proprie iniziative, ad esempio i tweet sponsorizzati, siano viste da tutti e che non sia possibile, per una terza parte, nasconderli o modificarne la fruizione originariamente progettata. E’ un obiettivo comprensibile per un’azienda commerciale. Peccato che arrivi dopo anni di promesse di “apertura” fatte agli sviluppatori. Essi hanno rappresentato l’ecosistema produttivo che è stato il motore del successo di Twitter. Chi proverà a consolare i poveri sviluppatori? Io scommetto su Google, che ne ha tanto bisogno per far crescere il suo social network.
Vins, che ne dici di App.net? Lo hai già testato? Secondo te può essere una realistica alternativa a Twitter, o quantomeno un’alternativa per mantenerlo quello che è ora? Io lo sto provando, e pur essendo una fotocopia la barriera all’entrata del pagamento non incentiva l’iscrizione probabilmente. Staremo a vedere
non l’ho testato, ma il pagamento scoraggia le persone che sono il vero motore di un social network