Era il 1972 quando un pixel rimbalzante sugli schermi di milioni di persone diede vita al mercato dei videogiochi. Pong fu il primo successo di un’industria che oggi è impossibile snobbare da un punto di vista sia sociologico, perché interessa miliardi di persone, sia di marketing, perché rappresenta un’enorme opportunità per sviluppare contenuti creativi e d’impatto.
Il mercato dei videogiochi
Il mercato dei video game coinvolge 2,5 miliardi di giocatori e, nel 2019, ha generato oltre 152 miliardi di dollari di ricavi (+9,6% rispetto all’anno precedente).
Il segmento delle consolle è quello che mostra la crescita più rapida (+13,4%), ma è quello dei dispositivi mobili a produrre il valore più elevato di introiti (68,5 miliardi, +10%). Ai personal computer rimane la fetta che cresce di meno, ma che comunque ancora vale il 23% del mercato.
Il mercato più importante è quello asiatico, seguito dall’America del nord, Europa-Africa-Medio Oriente, e America Latina. Ma due soli paesi assorbono il 48% dei consumi totali: la Cina ($36,5 miliardi) e gli Stati Uniti ($36,8 miliardi). In Italia si spendono 2,5 miliardi di dollari per queste attività ludiche.
Gli attori principali sono i produttori di giochi, le piattaforme di distribuzione e quelle che permettono di giocare.
Il più rilevante è il colosso cinese Tencent, che nel 2018 ha generato circa 20 miliardi. Già proprietario di servizi social come QQ, QZone, WeChat, la società ha acquisito Riot Games (che produce League of Legends) e ha rilevanti partecipazioni in Supercell (Clash of Titans), Grinding Gear Games (Path of Exile), Epic Games (Fortnite).
Al secondo posto Sony, con 14 miliardi di ricavi, e al terzo Microsoft con 10 miliardi. A seguire Apple, Activision Blizzard e Google. Un mercato molto appetitoso che nei prossimi mesi vedrà il debutto di Amazon come produttore di giochi.
Le fonti di revenue sono diverse, ma una tendenza da segnalare è il passaggio dagli acquisti singoli agli abbonamenti, che permettono alle aziende di avere un flusso di revenue stabile e agli utenti di accedere a più titoli.
Perché i videogiochi sono media interessanti?
L’attenzione è la risorsa scarsa del nostro tempo e il marketing è lo studio e la pratica di come catturare l’attenzione. In questi anni la dieta mediale delle persone è cambiata profondamente, si destina sempre meno tempo ai media tradizionali e più tempo a social media, piattaforme di streaming e video giochi. Non a caso il CEO di Netflix Reed Hastings ha dichiarato, già due anni fa, di competere contro Fortnite più che contro HBO. Insomma quelle due ore serali che prima si dedicavano ad un film, oggi molti preferiscono destinarle ad un videogioco.
I videogiochi sono media complessi e stratificati. Ormai più che raccontare una storia con un finale, tratteggiano mondi per esperienze senza fine, che ognuno può vivere a modo proprio, percorrendo alcuni percorsi anziché altri, fermandosi in superficie o andando in profondità. Anche il concetto di multiplayer, l’avventura insieme ad altri, contribuisce a rendere le esperienze sempre nuove.
I videogiochi sono progettati come universi transmediali ed espandibili. Il produttore li realizza come veri e propri film, con sequel o prequel che si susseguono dopo un certo numero di anni. Tutto avendo ben in mente le opportunità di franchise, ossia la gemmazione di prodotti collaterali legati a quell’universo e ai suoi personaggi (film, parchi tematici, fumetti, giocattoli, materiale di cartoleria, eccetera).
L’espandibilità viene amplificata dalla tendenza di alcuni consumatori di cimentarsi nella co-creazione e nell’ampliamento del gioco creando mod (versioni modificate), mappe, oggetti, modalità di gioco. Questo ha dato vita ad un’economia collaterale tra creatori e giocatori, ma anche a creazioni più importanti. Ad esempio PUBG (PlayerUnknown’s Battlegrounds), un “MMORPG” (Massively Multiplayer Online Game), nasce da un mod di ArmA II.
I videogiochi sono luoghi sociali, di aggregazione. Mentre in passato l’esperienza di gioco era prevalentemente solitaria, si giocava “contro il computer”, oggi si compete in rete insieme ad altri, in squadre con le quali si comunica in tempo reale per coordinare l’azione e socializzare.
Fortnite, che ha 350 milioni di utenti registrati, non è solo un ambiente di gioco. La modalità Party, che affianca la classica Battle Royale (battaglia tra 100 giocatori con lo scopo di rimanere vivi), permette agli utenti di godere di contenuti multimediali senza l’assillo del combattimento.
Nel 2019 Fortnite ha ospitato il concerto del dj Marshmello, poi una scena in anteprima di Star Wars, il lancio di un razzo e altri eventi. Un passo in avanti è stato fatto con la realizzazione del concerto di Travis Scott, visto da oltre 12 milioni di persone. Un’esperienza più immersiva, con effetti speciali come l’alterazione della gravità e il teletrasporto dei giocatori in posti differenti. Per Epic Games è stato un modo per far capire ai brand che è possibile sfruttare quell’ambiente per esperienze innovative.
I videogiochi sono oggetti di conversazione. Lo sono da sempre ma con la diffusione dei social media e delle piattaforme di game streaming sono diventati un elemento attorno al quale si costruiscono visioni collettive e comunità. Merito anche dell’attività dei “gamer influencer” (qui la classifica Twitch) che attraggono pubblico e guidano la scoperta di nuovi titoli.
Traiettorie di sviluppo
Più che in altri media, la tecnologia influenzerà pesantemente la traiettoria di sviluppo del mercato dei video games. In particolare sarà interessante tenere sott’occhio:
- il cloud gaming: portato avanti da Google con Stadia, scommette su un futuro nel quale si potrà giocare in streaming, senza fare download e senza avere device supplementari. Ma diventare il Netflix dei giochi non è semplice;
- la convergenza tra le piattaforme: la possibilità di sviluppare una volta ma per più ambienti e di giocare tra dispositivi diversi, esempio PC e consolle, ci consegnerà il prossimo fenomeno globale;
- la realtà virtuale: rendere i giochi ancora più immersivi richiederà lo snellimento dei dispositivi per l’accesso e un miglioramento dell’esperienza di gioco. Se Oculus e compagni ci riusciranno, potremmo riuscire ad approdare a quel metaverso abbozzato tempo fa da Second Life.
Questa è solo una piccola introduzione per tratteggiare la complessità di un industria complessa, che offre anche inedite possibilità di marketing alle aziende. Infatti i video game sono media che permettono di entrare in contatto con nuove audience e di sviluppare rapporti più duraturi, partendo dall’enorme mole di dati comportamentali che questi manufatti digitali permettono di raccogliere.
Materiale per un prossimo post, intanto aspetto i vostri commenti.
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