Viviamo in un’epoca di cambiamenti rapidi e interconnessi, che possono trasformare completamente l’ambiente nel quale viviamo. In questo scenario, la capacità di pensare il futuro non è un esercizio di divinazione, ma una competenza cruciale per prendere decisioni sagge nel presente e plasmare attivamente il domani, per i singoli e per le aziende.
Ne ho parlato con Luca De Biase, giornalista dell’innovazione, che ha dato alle stampe “Apologia del Futuro” (LUISS University Press).
Nel libro si sostiene che la storia non riguarda il passato, ma il tempo perché ha a che fare con fenomeni che si susseguono. Dunque, può essere utile usare il metodo dell’indagine storica per studiare e prevedere il futuro. O meglio i futuri. Perché si tratta di un esercizio di messa a fuoco dei possibili scenari che si potrebbero realizzare, a partire dai segnali del presente (tipicamente letti con l’aiuto di esperti in varie discipline).
Il libro di De Biase propone una percorso con tre momenti di studio: leggere il presente per immaginare le domande che vogliamo porci, comprendere le narrative contrastanti che influenzano le risposte, delineando i futuri possibili, plausibili, probabili e preferibili. E infine, capire come si può lavorare per arrivare ai futuri preferibili, attraverso tecniche di “future design thinking” che prevedono la realizzazione di prototipi concettuali.