E’ finalmente uscito per i tipi di Franco Angeli “Fan, Bloggers e Videogamers” di Henry Jenkins, tradotto da Bernardo e con un’utile prefazione di Giovanni.
Si tratta di una raccolta di saggi che s’inserisce tra Textual Poacher (del 1992 non ancora tradotto) e Cultura Convergente (del 2006).
Un testo fondamentale, scritto con la passione di un fan e la consapevolezza di un accademico, per capire da dove trae origine la cultura partecipativa che abbiamo sotto gli occhi e di cui tutti si riempiono la bocca.
Attraverso l’analisi delle operazioni di riscrittura di Star Trek o dell’intelligenza collettiva mostrata online dai seguaci di Twin Peaks, Jenkins smonta gli stereotipi sui fan e sulle sottoculture giovanili, rivelando la loro sempre maggiore rilevanza in un contesto in cui chi consuma i media tende anche a farsi media, attraverso una partecipazione critica e creativa.
Certo che la quarta di copertina potevi farla tu 🙂
Jenkins è un saggista e divulgatore straordinario… io sto tenendo d’occhio un suo alunno che si chiama Ivan Askwith… ha scritto una tesi superinteressante sulla tv 2.0 e spero che presto pubblichi qualcosa…
Ciao Salvatore, vedo che siamo in linea… ho letto la tesi di Askwith e da tempo medito di segnalarla, grazie !
su Jenkins siamo ancora allo stupore per una sottovalutazione della portata dei suoi studi e il fascino per il personaggio. entrambe le cose fanno purtroppo da filtro a una sana lettura.
ho tra le mani il testo edito da franco angeli. molto più scorrevole nella traduzione di quella dell’apogeo che quasi danneggiava il volume stesso, facendo persino pensare che cultura convergente potesse avere avuto un editing superficiale. a mio parere un ridimensionamento del testo avrebbe giovato.
cmq, siamo qui a parlare di jenkins. C’è un buco nella sua rete, o almeno è da questo punto che focalizzo meglio la sua panoramica. Sono gli spoiler, i guastafeste. Le lingue di solito sono molto precise, un termine dice tutto. Guastafeste appunto, fanno saltare una realtà e costringono a patti l’entertainment. Ma non a tal punto da diventarne padri fondatori.
Posso fare tana a un episodio di Dexter, ma Dexter rimane un’idea e una realizzazione così eccezionale che brucia un decennio intero di cinematografia italiana. E un guastafeste può dire poco rispetto a questa impresa.
Può sembrare fuori luogo queta analogia, ma anche un grande sognatore di mondi come Federico Fellini aveva intorno a sè una umanità che faceva ressa per portare una sfumatura, un dettaglio, un’idea. Eppure Fellini rimane il grande catalizzatore, il rabdomante, il regista di tutto.
In questo la rete si mantiene democratica, ma l’arte non lo è. Il cinema – perchè Dexter è cinema quanto Intolerance di Griffith – è industria e compromessi quanto la pittura spesso è nata su commissione. Ma non sposta il punto.
About spoiler, Jenkins usa un’espressione forte: per amore della verità. Ma quale?
Quell’umanità intorno a Fellini (che era propositiva e non investigativa ma cmq voleva alimentare e nutrire l’autore), spostava la rappresentatività delle cose o influenzava la verità delle cose stesse?
Certo, il terreno su cui si muovono gli spoiler è il digitale, visibile a tutto il mondo, condiviso su piattaforme accessibili immediatamente. Non è un cantuccio dove scambiarsi una confidenza, il gossip, lo scoop. Ma non basta per salire il gradino.
Il digitale che ha scomposto persino l’atomo, frantumando qualsiasi idea precedente di integrità artistica, ha bisogno sempre di originalità, di qualcuno che per primo batta il colpo. Un colpo quasi perfetto.
E il mondo che Jenkins descrive credo paghi fortemente dazio a questa assenza.