Come ogni anno il Festival Internazionale del Giornalismo è l’occasione per riflettere sullo stato della gestione dei social media da parte dei giornali. Il mio modo di farlo è partendo dai dati, quelli delle interazioni, ben 11,5 milioni, sviluppate da 56 pagine facebook e 38 account twitter delle maggiori testate giornalistiche italiane (raccolte grazie a Social Analytics di Blogmeter).
Ne è venuto fuori un quadro del settore che ho provato ad approfondire con Peter Gomez (direttore de ilfattoquotidiano.it), Raffaela Menichini (Repubblica.it), Marta Serafini (corrieredellasera.it), Daniele Bellasio (social media editore de ilsole24ore.it).
Le performance del comparto su Facebook sono riassunte nella Engagement Map che mostra il posizionamento secondo il numero dei fan (ascisse), il total engagement come somma di like, commenti, condivisioni, post spontanei in bacheca (ordinate), il numero di post scritti (ampiezza della bolla).
Il quadrante dei leader è occupato da Repubblica, Il Fatto Quotidiano, Fanpage.it (testata all digital che ha più fan di tutti), Leggo, seguiti a distanza da il Corriere della Sera e La Gazzetta dello Sport. La prima stacca tutti per quantità di interazioni: sono circa 5 milioni quelle suscitate in 3 mesi.
Promettente la posizione de Il Messaggero, Il Giornale, Libero, The Huffington Post, che riescono a coinvolgere i propri lettori pur non avendone un numero superiore alla media. Purtroppo la maggior parte delle testate ricade nel quadrante dei laggards ossia di coloro che hanno performance sotto la media del settore (non visualizzate per consentire una migliore lettura del grafico).
Su Twitter i meglio posizionati in termini di follower e di mention (RT, Reply e citazioni spontanee ricevute) sono La Repubblica (che ha circa 207.000 menzioni in 3 mesi) Il Corriere della sera, Il Fatto Quotidiano, La Stampa, Il Sole 24 Ore, La Gazzetta dello Sport e Il Post. Con un numero di citazioni superiori alla media del settore anche Linkiesta e Fanpage.it. Anche qui la maggior parte delle testate risulta in ritardo nell’uso del mezzo. I giornali più grandi tendono ad usare più account tematici verticali e a sfruttare la notorietà dei giornalisti per socializzare le notizie. Paga la pratica del live twitting e l’uso degli hashtag in occasione di eventi quali le elezioni e Sanremo.
Rispetto allo scorso anno emerge una maggiore presa di coscienza dell’importanza dei social media, anche se l’utilizzo è meramente strumentale a veicolare traffico sul sito web principale (atteggiamento figlio delle metriche di successo usate nel settore). Scarso l’uso di tecniche di coinvolgimento del lettore: i link puri e semplici vengono preferiti alle foto, che però risultano essere più apprezzate dai lettori.
In definitiva si usano ancora i social media come discarica di link, senza una cura del contenuto postato su Facebook e Twitter, né del dialogo con fan e follower (al momento solo La Stampa e Il Sole 24 Ore hanno un social media editor).
Mi sembra una visione miope se si pensa che il 19% degli italiani apprende le notizie grazie alla condivisione degli amici (dati della nuova ricerca del LariCa di Urbino) e che costruire un rapporto di fiducia con la community (che non coincide con gli affezionati del sito web) sarà sempre più importante se si vorranno invogliare gli utenti a pagare per alcuni contenuti pregiati.
Di seguito lo studio scaricabile e, non appena disponibile, il video del dibattito che contiene numerosi spunti emersi dalle esperienze dei relatori.
il problema del corriere con facebook a mio avviso potrebbe essere dovuto alla pessima implementazione dell’app: il click sui link in bacheca portano l’utente a una schermata interna a facebook dove è necessario
a) aggiungere l’app oppure
b) trovare il link (piccolissimo) alla notizia in fondo alla pagina
questo ha certamente aumentato il numero di fan e utenti registrati all’app su facebook ma ha probabilmente penalizzato la condivisione dei link