Negli ultimi tempi è evidente una tendenza delle persone a preferire le comunicazioni private rispetto a quelle pubbliche. Lo dimostra il successo delle applicazioni per la messaggistica istantanea che spesso vengono usate non solo per veicolare messaggi personali, ma anche per condividere pezzi di contenuti originati dal web.
Questa nuova attitudine sta prendendo piede anche tra giornalisti, blogger o persone che, fino a poco tempo fa, sceglievano gli spazi pubblici (blog), o semi-pubblici (pagine Facebook), per diffondere le proprie opinioni e ascoltare i commenti del proprio pubblico. Oggi, sempre più di frequente, osservo una propensione a preferire gruppi chiusi (per esempio quelli su Facebook), canali Telegram o newsletter, rivolti ai soli abbonati.
Alla base probabilmente c’è la volontà di raccogliere attorno a sé una community, con la quale stabilire un rapporto più duraturo, e forse anche il desiderio di poter bypassare gli algoritmi delle piattaforme, che limitano la visibilità dei propri pensieri.
Il primo punto è sicuramente degno di nota, ma in realtà una community si può sviluppare anche attorno ad un blog, ad un forum pubblico, ad un account Twitter o ad una pagina Facebook.
Il secondo punto mi sembra un’illusione perché il vero problema è riuscire a catturare e ottenere l’attenzione nel tempo. Ad esempio curare un canale Telegram assicura che i messaggi vengano distribuiti a tutti gli iscritti, ma non che tutti lo leggano (chi non vuole può silenziare l’intero stream). Allo stesso modo inviare una newsletter non assicura che tutti l’apriranno (quel contenuto competerà con tutte le altre email ricevute dal destinatario), senza contare che anche qui potrebbe intervenire una sorta di algoritmo, quello che consegna la newsletter nella sezione Promozioni e non nella Posta in arrivo.
Questa tendenza a chiudere il proprio pensiero esclusivamente in spazi privati mi ha indotto a riflettere sull’impatto complessivo che ciò può avere sull’ecosistema informativo del web. Non è che in questo modo, inconsapevolmente, si sta contribuendo a minare le fondamenta dell’open web, basato proprio sull’economia del dono ossia sulla condivisione pubblica del pensiero di milioni di persone?
Per quanto mi riguarda continuerò a preferire il blog per le mie piccole riflessioni, convinto di un suo ruolo fondamentale nell’ecosistema informativo attuale, e ad usare gli altri strumenti in maniera complementare (soprattutto per condividere frammenti di notizie). Per dirla con Jeff Jarvis, quando qualche anno fa pensava al ruolo dei giornali: Cover what you do best. Link to the rest.
Riflessioni molto interessanti, Vincenzo. Un saluto!
grazie Flavia!
Più che altro in spazi privati come quelli menzionati non c’è tanto spazio per opinioni differenti. Si crea una comunità dove tutti più o meno condividono gli stessi punti di vista. Questa è una perdita di ricchezza nella comunicazione, la mancanza di dibattito, anche se spesso è guidata da Haters, trolls e flamers
Condivido questa tua preoccupazione … e ti ringrazio del link finale!