Il concetto analizzato nel post precedente, può essere agevolmente trasposto al campo dell’informazione. E’ lo stesso Kevin Kelly, già direttore di Wired, a farlo, arrivando a sostenere che giornalisti e gli esperti sono come le vitamine: non ne abbiamo bisogno in abbondanza, perchè potrebbero risultare tossiche, ma il giusto dosaggio fa bene.
Editorship and expertise are like vitamins. You don’t need much of them, just a trace even for a large body, and too much will be toxic, or just pissed away. But the proper dosage of intelligent control will vitalize the dumb hive mind.
Proprio qualche giorno prima Steve Rubel aveva parlato di una figura utile in questo periodo di eccessiva informazione, il “digital curator“.
Sarebbe auspicabile che i “migliori” contenuti generati dagli utenti venissero “rilanciati” da “giornalisti curatori digitali”, anzichè assistere ad un uso strumentale dei “peggiori” contenuti prodotti dagli utenti (dai video scandalo pescati su YouTube alle foto soft usate per incrementare i contatti online).
Una strada percorribile potrebbe essere quella proposta dalla CNN con il suo iReport, una piattaforma di “citizen journalism“, senza censura, che stimola gli utenti a proporre reportage e a valutare quelli degli altri. I migliori contenuti potranno aspirare ad ottenere visibilità ufficiale sul network CNN.
Ne parlano anche Valeria Mantoni e Luca
La figura del “digital creator” può essere considerata a tutti gli effetti una nuova figura giornalistica, della quale avremmo un gran bisogno.
Non conoscevo iReport della Cnn, ma sulla piattaforma di citizen Journalism avevo iniziato a ragionare, ipotizzando uno strumento del genere anche per i Tg regionali della Rai.
Purtroppo non è semplice portare avanti un discorso del genere, perchè – come sto verificando sul mio blog – c’è il rischio di cancellare il buon lavoro di tanti cittadini, a causa di qualche provocatore.
Ma l’idea non va abbandonata.
Ottima l’idea del digital curator. Tra tante iper-specializzazioni sostanzialmente inutili quelle da incentivare sono quelle in grado di valorizzare le correnti più vitali e stimolanti del flusso informativo.
Interessante,
Si spera che anche in Italia qualche testata replichi l’iniziativa e si distacchi dal semplice “invia foto, invia video”…
Condivido in pieno le tue riflessioni sulla scelta dei contenuti peggiori della rete da parte dei media e, per essere un pò malizioso, aggiungo che non è solo una questione di incremento contatti ma anche di cercare di dare un immagine negativa alla rete e in , paricolare ai media sociali (you tube = video di bullismo; o la “caccia al blog dell’assassino…” ) vista come un pericolo per il proprio status.
Benvenga quindi ogni iniziativa di apertura come questa.
L’eccesso di informazione è connaturato al web: siamo all’overdose. Il “digital curator” sarebbe a quel punto né più né meno che il giornalista gatekeeper. Se vogliamo rappresentare il reale non possiamo fare a meno dei professinoisti deputati alla selezione e gerarchizzazione delle notizie. E’ una questione di limiti fisici e mentali. Sennò tutto è destinato a diventare ronzio. Complimenti per il blog: molto stimolante.
E’ comunque un filtro, il “digital curator”. Ogni notizia è filtrata almeno una volta, ovvero dal suo curatore, che ne da una propria interpretazione. Il curatore digitale introduce un secondo filtro.
Certo, la sovrabbondanza di fonti oggi presenti rende in qualche modo indispensabile un filtro ma a quel punto la coscienza del lettore di essere in presenza di una interpretazione per sua natura parziale, diviene fondamentale. E con essa la capacità di scegliere i curatori a cui fare affidamento.
Più ci penso e più mi pare un dejavu…
Marco