Facebook: riflessioni di fine anno

L’anno che sta sfumando può essere anche taggato, pardon etichettato, “Facebook“, il social network che ha spiazzato molti e che fa riflettere per le tante implicazioni sociali e tecnologiche che porta con sé.

Concordo con Vittorio che, pur evidenziando alcune asperità della progettazione che inficiano l’esperienza utente, pone l’accento sulla funzione divulgativa, di “sdoganamento”, di alcune delle pratiche più geek del web 2.0. A mio avviso due su tutte: l’aggiornamento dello status, il “cosa stai facendo” di Twitter che non ha convinto le masse, dentro Facebook trova un contesto, un senso, per l’utente comune della rete; lo stesso dicasi per il “news feed”, il fiume di notizie dai nostri amici, il lifestreaming del nostro caro piccolo FriendFeed.

Certo, Facebook è un “walled garden“, ma almeno è un giardino, nel quale è facile entrare, (ri)trovare amici, scoprirne di nuovi, comunicare, sbirciare le vite degli altri, giocare, insomma sentirsi a proprio agio, usando i più disparati servizi web con naturalezza.
In Facebook spiega Federico “non si avverte stacco tra la vita e le esperienze quotidiane “là fuori” e quella che avviene tra i quattro lati degli schermi. Cosa piuttosto scontata tra i nativi digitali, assai meno per chi aveva un rapporto saltuario o meccanico con la Rete, o per chi non la frequentava affatto”.

All’opposto Giglioli definisce Facebook “un gigantesco annullatore di livelli d’importanza, che mette sullo stesso piano le amicizie vere e quelle farlocche, le cause importanti e quelle surreali”, ignorando la nuova accezione di amicizia in rete e confondendo il mezzo, una rete sociale per sua natura orizzontale, non gerarchica, con l’uso che se ne fa.

E voi cosa ne pensate ?

4 replies on “Facebook: riflessioni di fine anno”
  1. Penso che sia già tutto questo e molto di più lo sarà.
    Il molto di più sarà determinato dalla intraprendenza delle aziende che vorranno investire quattro soldi -molto meno di quanto oggi sperperano per la pubblicità tradizionale- per aggredire le milionate di utenti di FB. Le forme non riesco ad immaginarle, ma la possibilità di targhettizzare i messaggi e la comunicazione avendo a disposizione i profili di tutti gli utenti aguzzerà l’ingegno dei pubblicitari di professione. Siamo al primo stadio: si sta costituendo la massa nella quale ognuno di noi ha una identità che va molto al di là dei pochi dati anagrafici. Gli operatori sapranno usare -e chi ne ha voglia imparerà a sottrarsene- gli strumenti per raggiungere fette di mercato con precisione ….chirurgica. E’ triste l’analogia con i bombardamenti che, classificati chirurgici, hanno fatto grandi stragi.

    Mi piace sottolineare l’opinione di Giglioli in relazione all’annullatore del livello di importanza.
    Il resto alla prossima. Sto andando a fare un giro sulla costa sorrentina ed amalfitana che cercherò di documentare in puro stile 2.0.
    Buon anno di ….lavoro sociale o di società lavorante. Fate voi!

  2. says: Federico Bo

    Strano come una parola – friend – crei tanti fraintendimenti. Basta sostituirla con “contatto” o “conoscente” per ristabilire le giuste proporzioni…Del resto anche nella rubrica del telefonino o delle email lo spazio è condiviso tra mogli, amanti, amici, colleghi, idraulici, clienti, fratelli, sorelle…
    Auguri per un ottimo 2009.

  3. says: gibilix

    Per me Facebook è un mezzo di comunicazione.

    Sicuramente il più dirompente per i numeri. E’ interessante capire perché è stato in grado di raggiungere la massa critica per diventare medium di massa e secondo me le due caratteristiche evidenziate da Vincos sono la risposta.

    Mi innervosisce un po’, invece, la polemica sull’effetto banalizzatore di Facebook sollevata da Gilioli. M’innervosisce non vuol dire che la reputi sbagliata, anzi. Da una parte concordo con Mantellini sul fatto che la banalità è diffusa nel mondo, quindi quando il mondo usa uno strumento teconologico per comunicare, questa banalità semplicemente emerge. Dall’altra però, è vero che Facebook, a differenza del commentare sui blog o scrivere post, offre uno strumento potente e pericoloso che è il click di adesione alle cause o all’essere fan di qualcosa o qualcuno. Quel click è troppo facile e comunica tanto di noi. E’ attivato dall’emisfero destro del cervello e non coinvolge necessariamente la nostra razionalità, il nostro giudizio analitico.

    Comunque penso che finché non si stabilizza e non viene assorbito dalla società come strumento di comunicazione normale, vedremo emergere comportamenti strani, ci domanderemo se è bene, se è male. E’ successo anche con i telefonini. Oggi nessuno si sogna di disquisire se il cellulare banalizza le nostre comunicazioni. L’abbiamo assorbito, ne abbiamo analizzato tutte le possibili implicazioni e ormai e diventato normalità. Penso che con Facebook e con le reti sociali avverrà lo stesso.

  4. says: gentilini

    Una cosa che sto notando e che mi stupisce un po’ è che testi pubblicati su blog che apparentemente non ricevono alcun commento, vengono ampiamente commentati e discussi su FaceBook.
    Il che è un peccato, perché questo in qualche modo nasconde la conversazione rispetto alla generalità del web.
    Ma forse segnala proprio quella funzione di “sdoganamento” a cui accenni: moltissime persone non osano inserire neppure un commento anonimo che sia visibile pubblicamente, mentre si sentono libere di farlo se sanno di trovarsi in un luogo protetto… speriamo che FB sblocchi un po’ la situazione

Comments are closed.