BeReal: il social dell’autenticità ha un futuro?

Ormai ci siamo abituati. Ciclicamente appaiono app pronte a sfidare il predominio della famiglia di applicazioni di Zuckerberg, immediatamente battezzati dai media come gli anti-qualcosa. In passato, tra le tante, ricordo Diaspora ed Ello che al grido di “il prodotto sei tu” volevano contrastare Facebook facendo pagare un obolo agli utenti. Poi per problemi tecnici e di business, tutti hanno dovuto capitolare.

Stavolta ci prova BeReal, applicazione nata in Francia alla fine del 2019 con lo slogan “Your Friends for Real”, che ha iniziato a far parlare di sé ad inizio 2022. A gennaio ha fatto registrare il suo primo milione di download e oggi avrebbero superato i 20 milioni.
Il dato più significativo è, però, quello degli utenti giornalieri che, secondo fonti interne, sarebbero 10 milioni, in forte crescita rispetto ai 2 milioni di inizio anno. Forse è per questo che i venture capitalist di Andressen Horowitz hanno deciso di investirci 36,6 milioni.

Al lancio, il suo misterioso fondatore Alexis Barreyat scrisse “Dopo anni di bugie viste sui social ho deciso di lanciare il mio. Non ci sono like, né filtri, ma quel che i tuoi amici stanno facendo in piena autenticità”. Un proclama che fa brillare gli occhi soprattutto a quella parte di generazione Z che dice di essere stanca dell’esibizionismo in rete.

Come funziona BeReal?

Il funzionamento di BeReal è molto semplice. Dopo essersi registrati e aver impostato le informazioni del proprio profilo, si è pronti a costruire la propria rete di amici, scegliendo tra quelli in rubrica. Subito dopo l’app vi chiederà di scattare la prima foto nel tempo massimo di due minuti. La particolarità è che lo scatto abiliterà sia la fotocamere anteriore che quella posteriore, in modo da avere una doppia foto, del proprio viso e di quello che ci sta di fronte. Si potrà scegliere di aggiungere una descrizione e di destinare il contenuto ai proprio amici o renderlo pubblico. Infatti l’app ha due solo sezioni: “I miei amici” e “Discovery”.

Ma per sbirciare le foto degli amici che hanno deciso di non rendere tutto pubblico bisogna prima scattare una foto di se stessi. Ogni giorno, ad un orario imprecisato, l’app invia una notifica-invito ad essere sinceri: “Time to BeReal” e nel giro di due minuti bisognerà obbedire o desistere. Si può anche scattare successivamente, ma il ritardo verrà segnalato accanto alla foto pubblicata, quasi come un marchio di non completa autenticità. Inoltre si potrà anche decidere di cancellare la foto, ma solo una al giorno.

Un’altra particolarità dell’app è che non è possibile reagire con le classiche emoticon o con commenti. Bisogna usare quelle che vengono scherzosamente chiamate “RealMoji” ossia farsi un selfie mimando l’espressione che si vuole esprimere.

BeReal screenshot

Il futuro di BeReal

Dopo qualche settimana di utilizzo di BeReal devo confessare di essere molto deluso. L’app è lenta e piena di bug, nonostante le sue poche funzioni. A volte per pubblicare una foto impiega qualche minuto.
I problemi tecnici si risolvono investendo in risorse, ma ci sono tre cose che mi lasciano perplesso.

Da un punto di vista commerciale non vedo un business model remunerativo all’orizzonte: pubblicità tra momenti di vita reale? Stonerebbero. Far pagare un business account alle aziende per postare? Potrebbe aver senso, ma le aziende vorranno mostrare la banalità della vita in ufficio? E chi scatterà la foto se la notifica arriva fuori dall’orario di lavoro?

L’altro problema riguarda la difendibilità dell’idea alla base dell’applicazione che è facilmente replicabile da altri social (Instagram sta testando funzioni simili). Tra l’altro non è neanche nuova perché in passato l’app Frontback, ora fallita, consentiva la cattura delle immagini dai due obiettivi dello smartphone. Ma soprattutto, Minutiae, lanciata nel 2017, funzionava proprio allo stesso modo.

La perplessità più importante riguarda la “reason why”. L’idea è interessante, ma in fondo c’è davvero un valore nell’autenticità di uno scatto? O meglio, immortalare un momento qualsiasi della giornata vuol dire riuscire a catturare la nostra vita autentica? O forse c’è più autenticità in un immagine in grado di fermare un momento preciso, non casuale, della nostra esistenza (una performance, un evento importante, un momento di svago con gli amici)?

Ammesso che ci possa essere qualcuno interessato alle miei foto casuali, la sensazione che ho nello scorrere le immagini degli altri è quella della noia. Facce inanimate, espressioni forzate (perché hai voglia a esprimere naturalezza quando sei davanti ad un obiettivo), visioni insignificanti di paesaggi, soffitti, pavimenti, schermi di computer e di tv, interni di automobili e gambe distese.

Insomma BeReal, pur con le sue buone intenzioni, riesce a produrre feed che tengono fuori le parti più interessanti della vita: i traguardi, le gioie, le attività che danno soddisfazione e ci definiscono. L’effetto, anziché essere rassicurante, è deprimente. BeReal potrà al massimo rimanere un’app di nicchia, ma non potrà insidiare Instagram semplicemente perché la maggioranze delle persone vuole sognare, non deprimersi, vuole mostrare il meglio della propria vita, non i momenti insignificanti che accomunano tutti.

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5 replies on “BeReal: il social dell’autenticità ha un futuro?”
  1. says: Alessia

    Stesse identiche riflessioni dopo averlo usato per un paio di settimane: nessun appealing per i brand allo stato attuale, noioso per gli utenti nel lungo termine. La protesta verso le scelte degli altri big non è una motivazione sufficiente per lo switch definitivo

  2. says: Cristina

    Se rifletto su BeReal, ciò che mi piace davvero è che è un’interazione sociale a bassa manutenzione. Mi piace il fatto che ho solo bisogno di dedicarci due minuti al giorno per scoprire cosa stanno facendo i miei amici (che al momento non ho sull’App, davvero poco installata in Italia).
    È anche vero pero’ quando trascorri solo due minuti su un’app che può avvisarti casualmente in qualsiasi momento, non puoi condividere le parti della tua giornata che contano davvero, che è ciò di cui dovrebbero davvero trattarsi i social media.

    Ne ho parlato qui: https://www.linkedin.com/pulse/bereal-cristina-rufini-she-her-/

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