In questi anni lo scopo principale di chi si occupa di marketing non è cambiato. L’obiettivo è sempre quello di immaginare e implementare strategie e tattiche in grado di portare le persone a comprare prodotti e servizi.
Ad essere mutate sono le persone, con le proprie esigenze, e il contesto di mercato nel quale vivono e si relazionano con le aziende. Entrambi gli elementi, in rapporto simbiotico, sono stati trasformati profondamente dall’ecosistema della rete e dalle molteplici tecnologie abilitanti, dispositivi mobili e nuovi servizi, in primis i social network.
Questo cambiamento di scenario non può essere affrontato con gli strumenti e le logiche del marketing degli esordi. Chi si occupa di marketing oggi a vari livelli, sia esso director, product manager o social media manager, si trova di fronte a sfide inedite e complesse, che richiedono l’acquisizione di nuove competenze.
Marketing e Vendite
La linea di demarcazione tra chi provvede a promuovere il prodotto e chi ha il compito di venderlo continua a sfumare. Al tempo della rete al marketer è richiesto, sempre più, di portare risultati tangibili di business. Tale compito discende anche dal processo di disintermediazione che il web ha indotto. Le persone che abitano la rete sono sempre più propense ad usarla per fare acquisti, senza passare per i classici intermediari (venditori e negozi fisici).
Ma per arrivare a “convertire”, come si usa dire in gergo, un fan/follower in acquirente bisogna prima imparare a comprendere e migliorare la “customer experience” delle persone, dentro e fuori internet.
Avere una visione olistica del loro comportamento non è cosa semplice sia perché i punti di contatto con l’azienda si moltiplicano, sia perché nelle organizzazioni, la conoscenza di questi comportamenti è frammentata.
Quello che emerge da una survey di Deloitte/ExactTarget è proprio uno spostamento del marketing verso responsabilità di crescita, e dunque vendite, grazie alla capacità di padroneggiare e personalizzare la customer experience delle persone.
Per far ciò mi sembra necessario sviluppare nuove capacità di analisi, comprendere il social advertising ed imparare ad operare in tempo reale.
Data driven Marketing
E’ finito il tempo dei Mad Men, gli uomini di marketing che decidevano affidandosi soltanto alle proprie sensazioni ed esperienze, sorseggiando un buon cocktail. Al limite contando su qualche ricerca di mercato.
Insieme al mercato di massa sono morte anche le demografie. Non esistono i giovani tra i 13 e i 18 anni. Esistono individui con interessi, preferenze, abitudini diversi e variabili nel tempo. Persone la cui attenzione, limitata, va catturata nel momento giusto.
Per condurre attività efficaci ed efficienti bisogna sviluppare un sesto senso, vale a dire la capacità di mettere in relazione i dati a disposizione dell’azienda per estrarre informazioni invisibili ed utili.
Il problema è che al tempo della rete questi dati possono essere Big Data ossia numerosi, di diversa tipologia e disponibili in tempo reale (si vedano i precedenti post e il mio ebook La società dei dati).
Ma prima di puntare all’analisi dei Big Data, sarebbe quantomeno importante iniziare a misurare sistematicamente tutte le attività di marketing, off e on line. Farsi guidare da un framework per la misurazione e impostare delle analisi quali-quantitative costanti delle conversazioni e delle interazioni in rete (ne parlo ampiamente in Social Media ROI).
Social Advertising
La prima era dei social network ha fatto credere ai marketer che il loro compito fosse limitato alla gestione ottimale di una nuova vetrina e all’accumulazione di fan e follower. Un errore indotto dalle piattaforme che, in cerca di un modello di sviluppo, hanno promosso l’espansione delle reti con l’aiuto delle aziende. In questa fase l’attività di community management era ben distinta da quella di ampliamento della community. E così il marketer pensava a produrre contenuti coinvolgenti e il media planner ad acquisire fan e follower.
Superata l’era dell’espansione, i social network, in particolare Facebook, che ha raggiunto questa fase prima degli altri, hanno virato verso altri scopi. Hanno introdotto meccanismi per regolare la visibilità dei contenuti in modo da dare alle persone notizie più rilevanti (senza ancora riuscirci completamente) e contestualmente hanno chiesto alle aziende di investire per aumentare la diffusione degli stessi (reach). La capacità di creare contenuti di valore rimane fondamentale, ma accanto ad essa bisogna imparare come distribuirli alle persone giuste, nel momento giusto.
Oggi il social media marketer non può più permettersi di snobbare l’advertising o demandarlo acriticamente al media planner.
Se vuole far conoscere i suoi contenuti ad un pubblico più vasto possibile, deve imparare a districarsi nella giungla dei formati pubblicitari messi a disposizione dai social network.
Inoltre, coloro che lavorano per grandi aziende, non possono limitarsi all’uso dei tool di advertising nativi, ma devono imparare a padroneggiare strumenti evoluti di pianificazione offerti da terze parti. Questi permettono A/B testing di centinaia di formati in pochi minuti, un targetting granulare, la sperimentazione di nuovi formati.
Real time marketing
Il marketing è sempre più influenzato da una variabile nuova: il tempo.
Se in passato il marketer aveva a disposizione mesi per pianificare le proprie attività e poi metterle in atto, oggi ha bisogno di sviluppare una capacità di reazione inedita. Il campo di confronto con la concorrenza si è ampliato alla rete, dove le persone sono abituate ad interagire velocemente con i brand.
Il Real Time Marketing è un approccio al mercato che fa leva sulla capacità aziendale di rispondere tempestivamente ad eventi e stimoli esterni, siano essi prevedibili o meno.
Ciò vuol dire soddisfare velocemente una richiesta d’informazioni o risolvere un problema (social caring), scovare l’insoddisfazione di clienti altrui, immergersi nel flusso delle conversazioni per partecipare attivamente con contenuti rilevanti, intercettare un bisogno e proporre una soluzione (i dettagli nei post dedicati al Real Time Marketing).
Queste, in sintesi, le sfide che mi sembrano più urgenti per ogni persona che si occupa di comunicazione e marketing. Proverò a sviluppare questi punti nei prossimi post, ma vi invito a segnalarmi nei commenti la vostra opinione per ragionare insieme sull’evoluzione del marketing al tempo della rete.
Caro Vincenzo, nel tuo interessante post hai messo in fila le evoluzioni e le sfide che attendono i marketers in questo momento. Sfide che saranno molto più evidenti nei prossimi mesi e anni. Anche se, per quanto riguarda strettamente il Social Media Marketing, c’è da considerare una forte componente variabile che è data dal fatto che queste piattaforme si evolvono continuamente. Di conseguenza anche l’abilità del marketer deve essere al passo, sia per quanto riguarda la possibilità di considerare nuovi formati dei contenuto (penso al video, sempre più contenuto coinvolgente) e siap per quanto riguarda l’abilità nel cambiare strategia di conseguenza.
Penso che il concetto di “real time marketing” sia da tenere in considerazione nel senso più vasto dalle aziende. Anche per via della crescente esigenza di agganciare nuove informazioni proprio dall’analisi e dall’interpretazione dei dati che esse ricevono ormai quotidianamente. La capacità di essere veloci nelle strategie e nelle decisioni da prendere sarà data anche dall’analisi dei dati che saranno in grado di fare.
Ciao VIncenzo, bel post. Ricco e articolato rispetto a quanto successo al ruolo di marketer negli ultimi 10 anni. Mi permetto qualche considerazione a mia volta:
1. Marketing e Vendite. È sempre stato così. Almeno sulla carta. Pochi tuttavia negli anni passati hanno interpretato tale ruolo in diretta correlazione con le attività di business. Molto
più un lavoro creativo e di posizionamento più che di spinta e misurazione dei risultati commerciali. Oggi si avverte uno spostamento verso ruoli con “revenue growth responsability”? Nessuna sorpresa (viste le pressioni sui risultati) e un normale assestamento del ruolo così come era stato inteso in origine (almeno sulla carta)
2. Data driven marketing. C’è ancora molto da fare. Non vedo l’utilizzo di dati come driver
decisionale; molte scelte sono ancora basate su fattori “personali / soggettivi” e che potrebbero migliorare di molto se solo facessero leva su numeri, trend, e report. Vedo ancora molta “arte” e poca “scienza” ma, anche qui, la situazione è destinata a cambiare. Sento infatti dell’introduzione di figure quali “data scientist” a supporto di ruoli quali “direttori creativi”.
3. Social Advertising. Un mondo in costante evoluzione. Dalla “corsa ai fan” dei primi tempi alle forti spinte verso la misurazione dei risultati di business (almeno per quel che riguarda Facebook). Anche qui, molto ancora da fare con cambiamenti che avvengono spesso nell’arco di poche settimane / mesi. Sfida questa non indifferente per chi opera in un ruolo marketing ma che, ancora una volta, deve inevitabilmente essere “digerita” di chi opera in tale ruolo.
4. Real time marketing. Vero, il tempo è una variabile fondamentale. Nel senso che quello
che è stato un successo (o insuccesso) oggi, non è detto che possa esserlo altrettanto tra due o tre mesi. Il mondo (consumatori, aziende, innovazione) viaggia così velocemente che rende sempre meno rilevante il passato, fondamentale il presente e sempre nebuloso il futuro. In tal senso i dati sono la migliore ancora di salvataggio per chiunque: marketing e non solo.
Infine, apprezzabile il fatto che non sia stata mai citata la parola “digitale”. Troppo spesso infatti si parla di Digitale come di una categoria a parte mentre qui, nel tuo post, è (implicitamente) considerata una componente fondamentale (di base) e trasversale. Non una specializzazione a materia specifica per pochi eletti 😉
Vincenzo. Un post ricco di riflessioni. Certo che la figura del marketer cambia parecchio mentre fa ancora fatica ad assestarsi e a comprendere quello che è già accaduto. Nuovi mercati, nuove persone, differenti usi dei punti di comunicazione, creazione di contenuti, frammentazioni, metriche, piattaforme che cambiano i loro meccanismi per premiare o invitare all’advertising. Non per ultimo, la capacità di utilizzare i big data e interagire quindi con sistemi di CRM in maniera più incisiva, sovrapponendosi alla parte di vendita, spesso e volentieri. Secondo te, quali sono gli elementi da riconsiderare e a cui dare priorità in una strategia di marketing oggigiorno?
Vincenzo, sono molto d’accordo, soprattutto rispetto al tema dell’importanza del dato come strumento fondamentale per le decisioni.
In un panel HR del recente evento italiano di Gartner mi è piaciuto molto il commento del professor Emanuele Borgonovo, della Sda Bocconi, che ha evidenziato come sempre più i manager debbano sapere capire i dati ma anche conoscere da dove vengono. Qualcosa di cui avevo parlato recentemente anche io a proposito della consapevolezza del proprio ecosistema di business come elemento importante della digital transformation.
Il tempo di un maketing dedicato solo all’aspetto creativo e visivo è ormai alla fine, perché altri fattori si affiancano (senza sostituirlo!) al tema estetico e comunicativo fine a se stesso.
I modi di affrontare il tema organizzativamente questa convergenza possono essere diversi, passando sicuramente per figure di collegamento come il Chief Digital Officer o il Chief Marketing Technologist, ma in ogni caso non padroneggiare la tecnologia è come non conoscere un fondamentale che riguarda tutti.
Ciao Vincos,
l’impianto e le domande proposte dal pezzo sono interessanti e stimolanti [e grazie di questo].
un paio di corollari/problematizzazioni che mi vengono leggendoti:
1. convergenza venditore/marketer. è un dato fortissimo e di più: da questo angolo pare che la scomparsa degli intermediari faccia sbiadire anche altre distinzioni intraorganizzative, a partire da quella tra marketer e addetto stampa [con conseguente esigenza per gli ultimi di reinventarsi, framework di misurazione compresi];
2. urgenza misurazione. vero e mi chiedo, sulla scorta di luca colombo: 2a. quanto si consoliderà, nelle realtà medie e grandi, in figure di data analyst specializzato anziché esclusivamente in strumenti e servizi per i marketer; 2b. se nelle PMI dove il data analyst non si materializzerà, l’analisi dei dati sarà appropriata dai marketer o invece dagli imprenditori/top manager direttamente.
3. tempo. questo è l’aspetto più dirimente visto da qua. compro in toto l’argomento sull’esigenza di capacità di contestualizzazione/reazione istantanea e aggiungo [ed è per me l’unico anello mancante nell’analisi]: il tempo è cruciale anche in termini diacronici e anche per questa seconda dimensione ci sarebbe bisogno di parametri di misurazione rinnovati. perché il valore di ciascun brand corrisponde alla sommatoria delle relazioni di fiducia con i suoi clienti, e le relazioni di fiducia sono il risultato del gioco [infinito] delle interazioni tra brand e clienti online e offline