Nel 2004 tre ragazzi canadesi, Tobias Lütke, Daniel Weinand e Scott Lake, si erano messi in testa di aprire un sito per la vendita di attrezzature per lo snowboard (SnowDevil). All’epoca non era per niente facile, bisognava saper mettere mano al codice. Una volta riuscitici pensarono di commercializzare la loro creatura. Nacque così Shopify, pubblicizzato come “uno strumento per fare in 20 minuti quello che richiede due mesi.”
Shopify è una piattaforma, sia da un punto di vista tecnologico che economico.
Da un punto di vista tecnologico perché è un software che, attraverso le sue API, permette a sviluppatori esterni di guadagnare offrendo servizi aggiuntivi (app, temi, integrazioni).
Da un punto di vista economico è una piattaforma perché il suo successo è strettamente legato al successo del suo ecosistema di partner (clienti/venditori, sviluppatori, designer, consulenti, aziende di logistica, ecc…).
Oggi Shopify ha oltre 1 milione di clienti in 175 paesi, venditori che usano la sua infrastruttura “software as a service” per costruire un ecommerce, pagandola secondo modelli di pricing che si adattano alle esigenze delle imprese , soprattutto PMI, e alla loro crescita graduale.
Come funziona
Per iniziare ad aprire un ecommerce online basta effettuare la registrazione alla piattaforma con un credenziali e nome del negozio. A questo punto si avrà accesso all’interfaccia di amministrazione, che ricorda molto quella di WordPress. Da qui è possibile personalizzare l’aspetto grafico della vetrina, caricare il proprio catalogo di prodotti, aggiungere nuovi componenti (scaricabili da Shopify App Store), impostare le opzioni di pagamento.
Inoltre la piattaforma è corredata di un cruscotto con tutti gli analytics fondamentali per capire i comportamenti dei visitatori e valutare le vendite complessive, il valore medio dell’ordine e il tasso di fidelizzazione dei clienti.
Nel corso degli anni Shopify ha esteso la sua gamma di offerta e ora, oltre a fornire tutto quello che serve per l’inaugurazione e l’operatività del negozio, ha reso disponibili anche alcuni strumenti per facilitare le attività di marketing (email e adv su Google e Facebook).
Modello di business
Nel 2019 i ricavi di Shopify sono stati pari a 1,6 miliardi di dollari, di questi 642 milioni sono derivati dalla vendita delle cosiddette “Subscription Solutions” (+38% rispetto al 2018) e 936 milioni dalla vendita delle “Merchant Solutions” (+54%).
Subscription Solutions: sono gli abbonamenti alle soluzioni di ecommerce che prevendono piani differenziati per numero e tipologia di funzioni ottenute. Sebbene la maggior parte dei clienti opti per i piani meno costosi (Basic e Shopify da 29 e 79 dollari al mese), il GMV (Gross Merchandise Value) ossia il valore complessivo della merce venduta è da attribuire alle aziende più strutturate che sottoscrivono i piani Advanced e Shopify Plus (tra queste Unilever, Kylie Cosmetics, NY Times).
Merchant Solutions: sono servizi aggiuntivi pensati per i venditori che hanno bisogno di un sistema di accettazione di pagamenti (Shopify Payments) e POS, di spedizioni (Shopify Shipping), di stoccaggio della merce (Shopify Fulfillment) e di capitale circolante (Shopify Capital). Per ognuno di essi l’azienda riceve una percentuale variabile sulle transazioni (transaction fee). Tra gli introiti di queste soluzioni rientrano i “referral fee” dei partner.
L’anno scorso dalla sua infrastruttura, gestita da 5.000 impiegati, sono passati 61 miliardi di vendite. L’azienda non è ancora profittevole ma, pur avendo riportato perdite per 111 milioni, il suo futuro è molto promettente perché l’ecommerce sta continuando a crescere in tutto il mondo.
Il futuro di Shopify
Il vantaggio competitivo di Shopify è quello di poter offrire delle soluzioni integrate, multi canale e cloud-based, che accompagnano i venditori nella loro crescita. Ovviamente esistono competitor che offrono soluzioni simili proprietarie e open source (WooCommerce), ma il più insidioso è Amazon.
In apparenza le due aziende sono diverse: Shopify offre gli strumenti per aprire e personalizzare un proprio negozio online, mentre Amazon offre uno spazio nel suo trafficatissimo mercato o meglio una chance di visibilità per i prodotti (non per il brand). Ma col tempo queste diversità si stanno assottigliando perché il cliente vuole il prodotto prima possibile e il venditore, a sua volta, si affida al fornitore di servizi più veloce e affidabile.
Ecco perché l’azienda canadese sta costruendo una sua rete di magazzini per lo stoccaggio della merce e la distribuzione (Shopify Fulfillment Network).
Ma a differenza di Amazon, Shopify sta agendo come piattaforma anche in questo caso, aggregando servizi di logistica di terze parti. Oltre a ciò ha anche costruito suoi magazzini di proprietà (7 negli Stati Uniti) nei quali sperimentare nuove soluzioni.
Si perché la tecnologia è un elemento essenziale per aumentare efficacia ed efficienza, in forma di robot per le operazioni manuali e di algoritmi di machine learning per predire i posti migliori dove conservare la merce in modo da velocizzare la consegna.
Uno dei vantaggi di questo “Fulfillment Network” è che il venditore può personalizzare il packaging dei suoi prodotti e affidarne la realizzazione e la consegna a Shopify. A differenza di quanto avviene con Amazon, il “merchant” mantiene la sua identità e il suo rapporto col cliente finale, pur beneficiando dell’intermediazione invisibile di Shopify.
Un altro gigante che potrebbe insidiare, nel lungo periodo, l’azienda canadese è Facebook. La sua volontà di spingere il social commerce con Shops, ossia modificare le abitudini dei consumatori per abituarli alla scoperta di prodotti e all’acquisto all’interno dei suoi social network, potrebbe sconvolgere le esigenze dei merchant. Al momento, però, le due aziende sono partner. Almeno finché Facebook non riuscirà ad implementare il suo sistema di checkout e pagamento.