Instant Messaging: dalle conversazioni private a quelle commerciali

L’esperienza di consumo è ormai frammentata e caotica. Può partire da un qualunque punto fuori e dentro la rete, ma difficilmente può prescindere da uno scambio sociale (di opinioni, di approfondimento, di verifica). Tale scambio avviene in parte in ambienti chiusi e privati e in parte in ambienti aperti e pubblici. Entrambi stanno diventando anche luoghi di transazioni commerciali.

I luoghi privati della rete stanno riconquistando la rilevanza perduta dopo il periodo di diffusione dei social network, che avevano promosso l’idea di una condivisione pubblica continua. Da qualche anno siamo testimoni di una corrente di risacca, il ritorno alle conversazioni ristrette e private, che possono scaturire in ambienti semi pubblici o privati.
Esempi del primo caso sono quelle incoraggiate dalla diffusione dei gruppi di Facebook, la nuova versione dei vecchi forum di discussione, usati da oltre 1,4 miliardi di persone. Qui si sviluppa un senso di appartenenza e di esclusività, si condividono informazioni e si scambiano suggerimenti in nome di una passione o di un obiettivo comune.

I gruppi si formano anche grazie a specifici software, come Discord usato dai più giovani, o all’interno delle applicazioni di Instant Messaging, che costituiscono la spina dorsale delle conversazioni private tra singoli. Le chat nate per svolgere un’unica semplice funzione di comunicazione testuale, si sono arricchite di capacità multimediali, ma soprattutto stanno per diventare una scorciatoia per gli acquisti.

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Lo dimostrano gli ultimi annunci di WhatsApp, l’infrastruttura più usata per la messaggistica (oltre 2 miliardi di utenti mensili) , che ha introdotto una serie di funzioni per venire incontro alle esigenze di vendita, soprattutto, dei piccoli negozianti.
Tra questi, la possibilità di creare un catalogo di prodotti (con foto e prezzi) e di gestire un carrello (che permette all’utente di inviare un ordine contenente più articoli). Presto verranno aggiunti i pagamenti ed altri servizi per le aziende (es. hosting, opzioni di promozione).
Non mi soffermo su Facebook Messenger perché il suo futuro si confonderà con quello di WhatsApp se Zuckerberg dovesse riuscire nel suo intento di unificare i sistemi di messaggistica.

Telegram, che si appresta a raggiungere il traguardo di 500 milioni di utenti attivi, inizia ad avere problemi finanziari. Se vuole rimanere indipendente, dovrà iniziare a generare ricavi. Durov ha annunciato che le funzioni attuali rimarranno gratuite, mentre ne verranno introdotte altre per le aziende e gli utenti premium. Nel 2021 verrà rilasciata una piattaforma pubblicitaria, che non servirà ad infilare pubblicità nelle conversazioni uno a uno e nei gruppi, ma solo nei canali uno a molti.

I canali sono pubblici e, di fatto, trasformano Telegram in un social media come Twitter. Infatti i messaggi dell’autore del canale sono anche commentabili. In termini di monetizzazione, il business model potrebbe essere quello di far pagare un account sulla base del numero di messaggi push che vuole inviare ai propri follower/abbonati.

Durov è tenace ed ha tante idee, ma ha bisogno di rendere Telegram un ruolo più ospitale per le aziende e quindi di ripulirlo dalla pirateria e dal porno. Inoltre la sua strategia di monetizzazione necessita, per aver successo, di un’adeguata struttura commerciale.

La via cinese all’Instant Messaging

Per Messenger, WhatsApp e Telegram, il modello di riferimento della loro evoluzione è quello di WeChat, un’applicazione a cavallo tra instant messenger e social medium. Con essa le aziende, ad esempio, possono:

  • comprare account speciali (service o subscription). In particolare i “service account” permettono di inviare 4 messaggi push al mese (composti da più link) ad alta visibilità (l’account appare come se fosse un contatto personale) e anche targettizzando un gruppo specifico di persone;
  • fare pubblicità attraverso due modalità distinte:
    • Moments Advertising è un formato simile alla pubblicità nel feed di Facebook. L’inserzionista può scegliere diverse opzioni di targettizzazione;
    • Banner Advertising consiste in banner con CTA che può essere fatto apparire alla fine di un articolo pubblicato da un account
  • abilitare i pagamenti in app, usando WeChat Pay
  • usare le API di WeChat per sfruttare alcune sue funzioni all’interno di proprie applicazioni (es. l’invio dei messaggi)
  • creare Mini-Programs ossia piccole applicazioni richiamabili senza lasciare WeChat, per mostrare informazioni sul brand o abilitare funzioni (Tesla ne ha creato uno per individuare le stazioni di ricarica e prenotare un test drive).

Gli Instant Messenger, già utili in fase di pre e post vendita, lo saranno anche per agevolare le vendite? Sicuramente si, quando dalla conversazione e dal passaparola si passa ad un acquisto. In tutti gli altri casi non saranno così efficaci perché difettano di un meccanismo di discoverability, cioè è necessario che l’utente abbia il contatto del negoziante prima di poter iniziare un processo di acquisto. Per ovviare a questo inconveniente, Zuckerberg ha deciso di perseguire la strada dell’integrazione, che permette alle persone di scoprire le aziende su Facebook o Instagram e proseguire la conversazione su Messenger o WhatsApp.
Una posizione di vantaggio competitivo che darà i suoi frutti, se non interverranno mannaie regolamentari.

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